Ricordo distintamente la prima volta che sentii Nick Drake; era l'estate del 1994, periodo mondiali americani, e dalle frequenze gloriose di Rai Stereonotte, Max Prestia dedicò all'inglese uno speciale di una mezz'oretta.
Non ho mai perso la testa veramente per i tre dischi di Drake come invece è successo a molti altri, devo essere sincero; oggi ho riascoltato Bryter Later dopo credo 15 anni, e l'ho trovato fresco ed elegante, immutato nel tempo, genuino. Al di là della portata artistica dell'autore, ciò che mi segna di più resta la storia di questo ragazzo inglese benestante classe '48 che trovò nella musica la sua gioia di vivere ma anche la sua disperazione e, indirettamente o no, la sua morte, volontaria o no che fosse. Nelle sue canzoni resta sempre quest'aria mista di leggerezza e melanconia che lascia un retrogusto strano: destino dei grandi, dei nominati al sacrificio. Come nel caso delle giovani morti di quegli anni, restano interrogativi ed il patrimonio, specialmente nei casi più stringati, assume valore incalcolabile. Con la sua amara spensieratezza, Bryter Later è a mio avviso il suo migliore.
Nessun commento:
Posta un commento