Piaccia o non piaccia, la musica di Cameron Stallones può fregiarsi di un'originalità che ha ben pochi eguali contemporanei. Ed oltretutto il suo personale percorso ha tratteggi quantomeno intriganti: una decina d'anni fa, la partenza a base di psichedelia drogata, poi la virata ai tropici ed infine la ventata di surrealismo. Con questo ultimo, il californiano tenta persino di rilanciare sul piano hauntologico, con sonorità sempre più solari ma sempre più deformate, l'elettronica che a volte prende il sopravvento sulla sua chitarra, ma è un elettronica gigiona ed ilare; un doppio vinile che non stanca, le composizioni sempre strutturate in forma libera, la voce sempre a metà fra lo stupito e lo scazzato. E nel finale persino un paio di pezzi pop che non saprei se essere preoccupato o sghignazzare per l'evidente (presunta?) ironia con cui Stallones deve averli confezionati.
Insomma, uno spasso come sempre.
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