A metà fra il brutale rumorismo degli esordi e le soluzioni più meditate della fine, Swanson e Saloman hanno dato vita al loro capolavoro, in forza di un omogeneità globale e di un imponenza colossale. Le eruzioni laviche della chitarra e i ronzii dell'elettronica; null'altro nelle 5 tracce di At all ends, che svetta come uno dei migliori lavori drone-noise che abbia mai ascoltato.
L'iniziale title-track sfoggia una linea di chitarra epica (e vagamente settantiana) che squarcia il rumore industriale sottostante. Ma è soltanto un preludio abbastanza deviante, perchè da Stretch the sands l'ambientazione si fa fosca, torva, allucinogena; questo è il noise del deserto, delle grandi ambientazioni (con qualche assonanza con i Barn Owl di Ancestral Star) ed anche delle contemplazioni, pur ruvidissime. Eccezionali le ultime due tracce, Mass Mirage, con la chitarra a disegnare orizzonti sterminati, e Endlessly Making... che passa da una specie di atmosfera desolatamente western ad esplosioni da far bruciare gli amplificatori. Un grande Saloman, chitarrista estatico e potente nelle sue scansioni ad effetto. Da manuale.
L'iniziale title-track sfoggia una linea di chitarra epica (e vagamente settantiana) che squarcia il rumore industriale sottostante. Ma è soltanto un preludio abbastanza deviante, perchè da Stretch the sands l'ambientazione si fa fosca, torva, allucinogena; questo è il noise del deserto, delle grandi ambientazioni (con qualche assonanza con i Barn Owl di Ancestral Star) ed anche delle contemplazioni, pur ruvidissime. Eccezionali le ultime due tracce, Mass Mirage, con la chitarra a disegnare orizzonti sterminati, e Endlessly Making... che passa da una specie di atmosfera desolatamente western ad esplosioni da far bruciare gli amplificatori. Un grande Saloman, chitarrista estatico e potente nelle sue scansioni ad effetto. Da manuale.
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