Il delirante e farneticante art-punk dei Crass nella raccolta che pubblicarono postuma, un paio d'anni dopo lo scioglimento. Venti tracce che coprono l'intero percorso della leggendaria band-comune, dal 1977 al 1984, pubblicate prevalentemente su singoli; l'eterogeneità della scaletta non inficia comunque l'ascolto, al punto che mi verrebbe da dire che si tratta del loro secondo miglior album dopo l'immarcescibile Station of the Crass. E' chiaro che poi si sente un lieve declino nella seconda parte della loro carriera, anche a livello produttivo; c'è persino un inedito della fase finale, Smash the mac, che è un'anarco-wave quasi imbarazzante per i loro standard; forse se ne resero conto da soli, di aver compiuto la missione e quindi giusto fu lo split. Ma per il resto, le schegge arrivano a bomba, con Nagasaki Nightmare, Big A Little A, Bloody revolution, Rival Tribal Rebel Revel, irresistibili nel loro caracollare incessante ed ossessivo, oppure le "interferenze" concrete di Reality Asylum, Shaved Women, e pochissimi cali d'intensità.
lunedì 18 giugno 2018
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