Già dai magici video della televisione tedesca di metà anni '70 era facile intuire chi fosse l'anima ironica e giocosa dei Can: era il grande Holger Czukay, che ciondolava col basso sorretto da una cinghia sottilissima, quasi mai sguardo sul manico, espressioni attonite e occhi pallati verso la camera. Quando poi, poco prima di abbandonare il gruppo, aveva lasciato il 4 corde per concentrarsi sulle sue diavolerie elettroniche, appariva chiaro che gli stava stretto l'ambito in cui il quartetto si era diretto in quel momento.
Movies succedeva di 10 anni a quel Canaxis che aveva aperto una breccia decisiva nella musica world d'avanguardia. Czukay suonava tutti gli strumenti a parte la batteria, appannaggio del fido compare Jaki Liebezeit, indispensabile macchina umana. Il legame con Can non era ancora rescisso del tutto, però: Cool in the pool è un funk demenziale che scimmiotta in qualche modo l'hit More, ma si capisce che si iniziava a fare sul serio con Oh Lord give us more money, con la presenza di Karoli e Schmidt, 13 minuti di magia sincopata, purissimo Can style. Persian Love, con la sua melanconia mediorentale, stabilisce un nuovo modello world, col muezzin campionato ed incantevoli giri chitarristici (e chi se lo aspettava Holger con la sei corde così?). Hollywood symphony, 15 minuti, gigioneggia un po' eccessivamente nella prima metà, ma poi esplode in una sarabanda ipercinetica multicolore; probabile manifesto espressivo di una fase che negli anni '80 continuerà fra alti e bassi, ma sempre in un segno assolutamente unico, immediatamente distinguibile.
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