Secondo ed ultimo di Chris Leo e gentil donzella Yasuda, a riprova dell'animo inquieto di questo moderno cantore delle nevrosi metropolitane americane. Nessuna progressione particolare rispetto al precedente, soltanto una conferma del talento e più piacevole (all'epoca) perchè ormai si era metabolizzato lo split dei Van Pelt: seppur con dispiacere, ci si era messi il cuore in pace.
Due i principali tronconi che dividono Heaven: la sferzata elettrica saltellante e storta come da tradizione leoiana (spettacolari Buffet, S.o.s. e Basilico Basilica, con tanto di esilarante citazione partenopea) e le divagazioni ombrose memori dei Van Pelt (Aerial). Fra questi due filoni la Yasuda si inseriva da non protagonista, con la sua voce esile e felpata, contribuendo in modo determinante alle due anomalie dell'album, che poi alla fine ne costituiscono gli highlights: la suadente Fruit e la metronomica, splendida Hachi, con cantato in giapponese e progressione fra le migliori in assoluto di tutta la carriera di Leo.
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