Le due prime release su Dischord raccolte quasi in diretta, per una delle band più atipiche mai apparse nel rooster della label di Washington, ma forse predestinate per il vantaggio di poter giocare in casa. Non c'era proprio quasi niente di hardcore negli STT di questa fase, già evolutisi verso un power-pop-indie-progressive certamente ad alto tasso energetico, ma contrassegnato da un cantante troppo particolare per farli aderire ad un filone ben preciso. Non avevano da spartire nè col grunge nè con la scena dei college, e di lì ad un paio d'anni finirono persino su major, ma non ebbero mai successo commerciale e terminarono la loro corsa entro la decade.
Costipata ed acrobatica ma mai troppo ostica e soprattutto sempre improntata sulle melodie, la musica del quartetto era perfettamente incastrata senza mai ostentare vanità. In un certo senso erano emo, ma nell'accezione più innocente possibile, così come il falsetto di Wedren tradiva uno spirito post-adolescenziale candido ed incontaminato, come un Michael Stipe asciugato dalla follia latente. Fra i due dischi, meglio il mini Funeral at the movies, più rifinito e meglio prodotto e contenente un paio di pezzi memorabili (Lies About The Sky, Red House), del concitato Ten Spot, ugualmente valido ma penalizzato da una produzione troppo asettica.
Da riscoprire fra i segreti meglio nascosti dei Novanta.
Da riscoprire fra i segreti meglio nascosti dei Novanta.
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