giovedì 3 febbraio 2022

Lou Reed ‎– Ecstasy (1999)


Forse non ho esplorato adeguatamente la carriera di Lurìd, soprattutto negli anni '80 e '90. Dopo i grandi fasti dei primi anni '70, culminati col capolavoro Berlin, qualche caduta di tono ci sarà stata, ne sono sicuro, ma d'altra parte l'uomo ha sempre impersonato uno stile prima che un suono e per essere discusso ce ne vorrebbero, di argomentazioni. Ecstasy prima di tutto è un disco lungo, lunghissimo quasi 80 minuti di cui soltanto 18 occupati dalla strana Like A Possum, una jam monolitica quasi senza batteria che con buona fantasia PS ha descritto Lou Reed goes slow-core. Per il resto, è una carrellata con tutti (e dico tutti) i classici luoghi comuni dell'uomo, sia quelli gloriosi che quelli scontati, un disco che è quasi una carta d'identità artistica, con una produzione a dir poco impeccabile. Menzione speciale per i musicisti annessi, il bassista Saunders ed il batterista Smith, due titani che trovano spicco e risalto in partiture così semplici.

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