domenica 16 maggio 2010

Lou Reed - Berlin (1973)

Da un vero artista sprezzante delle mode e dei successi, Berlin è succoso disco ambiguo e pregno di lussuria. Innanzitutto fu una rottura dal punto di vista strettamente tecnico: dallo zero dei Velvet Underground al 1000 dei Jack Bruce, i fratelli Brecker, Winwood, orchestra e quant'altro, uno staff di livello principesco per un disco che straborda di arrangiamenti, fra l'operistico e il vaudeville, ma attenzione; l'accezione è puramente reediana, il compositore è sempre lui, il tocco d'autore lascivo e sporco d'astuzia è sempre quello.
Un disco che ha necessitato di decenni per essere rivalutato, ma tanto è stato così anche per i Velvet, non è vero? L'immediatezza di Transformer, che pur conteneva quelle 2-3 chicche storiche ed immortali, viene mandata letteralmente a puttane. Ma ciò non toglie che il concept (gli argomenti sono scabrosi come da tendenza, la droga la fa sempre da padrona) non sia da apprezzare quasi in toto, con le vette di Sad Song, Lady Day, How do you think it feels, Caroline says.
E verso la fine, l'estasi suprema con l'unico pezzo praticamente acustico, per me il più bello dell'intera carriera: con una scarna acustica, un filo di organo e un filo di voce, The bed è una camera che prende il volo con cori angelici, la poesia perversa quanto paradisiaca, il colpo del maestro svogliato, la coda allucinogena, e tutto ciò che ci va attorno.
Senza minimamente ridurre il resto, per me Berlin è il disco definitivo di Reed, e non solo per The bed (solo in gran parte :-)).

(originalmente pubblicato il 03/03/09)

2 commenti:

  1. ma guarda...anche per me The Bed è "il pezzo" di Lou Reed..quante volte ho spaventato mia madre con quel pianto di neonato..

    RispondiElimina
  2. Ehehe ma guarda un po' te! A me lo fece conoscere Mixo alla radio, e quel finale mi spaventò non poco...

    RispondiElimina