Si è voluto togliere anche questo sfizio a 73 anni, ed inevitabilmente è tornato ad essere chiacchierato qui da noi. 10 Covers delle più disparate provenienze, accomunate dal risalire come minimo a 40 anni fa, e la presenza ingombrante di De Andrè, Tenco e Ciampi (tradotti), che in qualche modo giustifica la felpa (anche se un po' inquietante, a dire la verità) e le interviste sulle testate nazionali, mancanti da un bel po' di tempo.
In translation è un prodotto del lockdown in tutto e per tutto: incapace di concepire nuove composizioni a 3 anni di distanza da quel gioiello che fu From The Trees, PH si è dedicato alla brillante reinterpretazione di artisti che possono più o meno aver avuto un importanza nella sua formazione musicale, anche solo a livello concettuale. A partire dall'inizio, con lo stupendo traditional americano anni '30 The Folks who live on the hill, si assiste ad un festival che include, oltre ai 3 italiani, classica, tango e musical. Sulla carta non molto entusiasmante per i miei gusti standard, ma la cruciale maestria di PH si conferma immutabile nell'impossessarsi delle materie e di farle proprie, esattamente come ha dichiarato nelle sue intenzioni.
Il disco è arrangiato in maniera ricca, seppur senza alcuna forma di percussioni, ed esalta l'eterno pathos del Nostro in un percorso melodrammatico. L'ha detto bene: le radici britanniche non potrebbero essere più distanti da Il Vino o Ciao Amore, ma il fascino della sfida sta proprio nel cercare di scovare i lati in comune, ed aggiungere l'ennesimo capitolo esistenziale-filosofico di questo grande vecchio.
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