Come possa un uomo solo concepire e mettere in opera colossi di questa fattura è veramente impressionante, eppure De Jong dall'innocua Olanda ci riesce ripetutamente da qualche anno. Ed è l'orgoglio metallico, il portabandiera di intere ed immobili generazioni che vedono e salutano spiazzate tali sismici rinnovamenti di portata storica.
In questo caso, di provenienza black-metal. Genere di cui non sono assolutamente intenditore, forse perchè affermatosi a livello continentale in tempi non troppo lontani, al contrario del death-grind che invece mi prese al collo quando avevo 16-17 anni. Chiusa parentesi.
De Jong è una mente perversa e magniloquente, e mette veramente paura. La marea gigantesca di suoni che si ode nei suoi dischi spazza via tutto e tutti, ed è fin troppo ovvio parlare di tempeste, sinfonie, di corali, di vocalizzi atroci in stile b/m. Ovvero, si può anche cercare di discuterne ma per me è inutile; mi annichilisce.
Ovvio che GTT si ama o si odia, non ci sono mezze misure. Da questo che è il suo miglior disco potrei citare il break pianistico della title-track o dell'assolo di violino nelle progressioni memorabili di La Mort Dans Toute Son Ineffable Grandeur, ma non c'è storia. De Jong annienta e mi lascia scoperto, con nulla in mano ed un incredulità in testa che mi capita molto, molto raramente.
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