Dadaismo in Italia? Negli anni '70 tutto era possibile, ed infatti accadde (seppur con moderazione) con questo gruppo genovese che attenzione, non è da catalogare unicamente alla voce progressive italiano ma in area più riservata.
Ovviamente non siamo a livelli iconoclasti che li elevino a nome storico (fecero soltanto due dischi), però a testimoniarne la statura sta il semplice fatto che la prestigiosa Cuneiform ne abbia stampato un live una decina d'anni fa. In questo primo album siamo in presenza di un jazz-prog dai mille risvolti e dalle tante angolature, specialmente nel primo lato e con la suite Seppia in evidenza.
Unn deciso approccio favolistico, presente soprattutto nel secondo lato inferiore a livello di sorprese, finisce per avvicinarli più al prog melodico; le lunghe ed elaborate strutture con arrangiamenti bizzarri coinvolgenti tutti gli strumenti (spicca Napier da questo punto di vista) rendevano comunque i PDP un'espressione italiana piuttosto unica dei tempi.
Mi sembra di ricordare che dedicarono il disco a Roberto Viotti (Robert Wyatt).
RispondiEliminaSì, mi ricordo anch'io. Abbastanza naif, no?
RispondiEliminaUno dei limiti del prog italico.
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