Un benvenuto cambio di stile, al compimento del 20esimo album in studio del super-trio australiano. Body è un lavoro che deve aver richiesto un po' di tempo, contiene una massiccia dose di overdubbing e quindi non è assolutamente riproducibile dal vivo.
Non è che fossimo stanchi della collaudatissima formula impro che aveva raggiunto vette di misticismo inedite in Vertigo e Unfold, ma la sorpresa in Body rappresenta un gesto che difficilmente ci si aspettava.
Già dall'intro si sente che la propulsione è di quelle più agitate, in un contesto che ricorda un po' il leggendario Aquatic, esattamente un quarto di secolo fa. Al 25esimo minuto però accade un esplosione che non ha precedenti; un semi-motorik incessante (manca il terzo colpo di cassa, ma l'effetto Neu! è lampante) con Buck impegnato in un lavoro di chitarra elettrica isterico, a modo suo minimalistico anch'esso, concentrato sulle note più alte del manico, mentre Abrahams e Swanton fanno un supporto ipnotico ed altrettanto chiassoso. Un paradosso, per i Necks, ma possibile in quel mondo parallelo che hanno stabilito e fissato nelle nostre orecchie.
Al termine di questa lunga fase festaiola, il rientro alla contemplazione è quanto di più fascinoso e notturno abbiano mai fatto, con lo sdoppiamento di Abrahams fra note basse e medio-alte, Buck che genera suoni percussivi dei suoi, strumma un'acustica ogni tanto e Swanton che svisa e dronizza con l'archetto.
Avremo anche finito le parole per descriverli, invece loro non hanno ancora finito di fare magie.
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