All'ombra gigantesca di The Parable Of Arable Land, ancora oggi il secondo album dei RK divide e lascia interrogativi. Niente più rumorismi, niente più free-form-freak-out. Venti brevi vignette sempre improntate sull'assurdo ma lucidamente ordinate e strutturate. Un nuovo, ottimo batterista (Tommy Smith) al posto del fondatore Barthelme, contribuiva a dare una spinta ritmica a quello che in fondo è stato il loro disco Dadaista.
L'irresistibile slancio melodico che aveva caratterizzato Hurricane Fighter Plane viene qui distillato in un processo di songwriting che, in quanto a giganti coevi, a tratti trova dei paralleli con Syd Barrett e Skip Spence, ma ha l'ambizione di trovare sfocio nell'avanguardia pura, con alcune tracce che danno l'impressione di essere state composte a casaccio.
Un album asciutto, senza scompensi significativi, che denotava la stessa ispirazione ma rifiutava l'effetto clamore di un anno prima. Ma non per questo meno geniale.
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