Sempre più condannato a vagare in un underground che ormai non esiste più da un pezzo, sempre più al di fuori dei circoli specializzati. Questo capitolo solista del grandissimo BA, ad esempio, non è nemmeno su Discogs così come diversi album degli O-Type e i Grale, l'ultimo progetto con Dale Sophiea.
Non si è mai sentito un Anderson così dimesso, così ripiegato su sè stesso come in The Inherent Beauty of Hopelessness, che tiene perfettamente fede al proprio titolo. Lontano anni luce dagli attentati dinamitardi di Brutality, il più grande chitarrista mai sentito dalla gente qui si abbandona ad un soliloquio di 40 minuti per 2 o più chitarre acustiche archtop (ovvero quelle solitamente usate nel jazz). Una suite astratta, atonale, dal passo meditabondo e costante, uno sgocciolio impeterrito di note in filigrana purissima. Al primo ascolto lascia interdetti, al secondo lancia quesiti, al terzo ci si abbandona.
Senza alcuna speranza, per l'appunto.
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