lunedì 16 dicembre 2019

Tim Buckley ‎– Blue Afternoon (1969)

Capitato fra la rivelazione totale di Happy Sad, le coeve prodezze live europee e gli sconquassi di Lorca, Blue Afternoon non ha guadagnato la fama che meritava. Colpa sicuramente anche della sua irreperibilità ai tempi del revival maggiore di TB, negli anni '90; prima dell'avvento del P2P era impossibile trovarlo, mentre gli altri erano ben scolpiti nel cervello e consumati all'ossessione.
Un peccato, perchè in dotazione non ha niente in meno; era sempre un frutto della sua fase più mirabolante, quel biennio 68/70 che l'ha consegnato alla storia. Con la stessa formazione di Happy Sad, è più meditato e raccolto e contiene 8 pezzi, di cui almeno 4 destinati a diventare classici dal vivo; Happy Time, Blue Melody, I Must Have Been Blind e Chase The Blues Away. Ma i restanti non sono inferiori per nulla; la meraviglia rarefatta di Cafe, un dolente slow-core acustico ante-litteram, la marziale imponenza di The River, il gigioneggiare sornione di So Lonely, gli 8 minuti finali di The Train, che riprendono lo stile scatenato di Gypsy Woman ed includono l'assolo chitarristico più lungo e scatenato di Lee Underwood.
Tutti dettagli da poco, quando si chiama in causa la storia della Musica. E questa fu.

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