Il clamoroso e totalmente inaspettato ritorno del duo austriaco, a ben 14 anni di distanza da quel Thank you...., un exploit passato inosservato all'epoca. Stessa sorte è toccata a So Waltz, un disco che resta probabilmente appannaggio di pochi, ma che lo ameranno senza condizioni, disarmati ed estasiati da cotanta meraviglia.
Tutti questi anni sembrano un affare davvero irreale, di questi tempi. Eppure; stessa etichetta, stessa produzione a cura dell'ormai ottantenne H.J. Irmler. Soltanto che gli Audiac hanno eliminato pressochè ogni forma di ritmo per concentrarsi sulle composizioni e sulle atmosfere maestose, sugli arrangiamenti nitidi e divinamente orchestrati, sulle stentoree interpretazioni vocali di Alexander Van Veen, per confermarsi i più credibili sostituti del tardo Scott Walker, che se prima di morire non si fosse perso a rincorrere esperimenti inutili avrebbe dovuto partorire prodezze del genere. Non me ne voglia la buonanima.
Le asperità elettroniche dell'iniziale title-track sono svianti. A partire dalla seconda People going places, un pianoforte tempestoso ed insistente guida le emissioni dell'animo più profondo del duo, che affondano il coltello con le folate di mellotron e le vocals echeggianti di Gospels Unreal. Arie più rilassate ed eleganti caratterizzano le meraviglie assolute di Not Bound To Anything (Thom Yorke diventerebbe verde dall'invidia, se la ascoltasse, ma forse questo tipo di espressione sarebbe troppo intellettuale per i suoi fans meno acculturati) e Ambulance Music, condita da un florilegio solenne di trombe. Il restante scorre più placidamente, con omogeneità all'umore melanconico-impressionistico del lotto, sfiorando la musica da camera pura in When You Say My Name e chiudendo in grande stile con Lay Down Stay Here, dritta dritta al firmamento.
Che passino altri 14 anni, chi se ne frega (difficile però pensare che Irmler ci sarà ancora...); nel '31 sarò lì in impaziente attesa di un seguito. Questa è musica senza tempo, punto e basta.
Nessun commento:
Posta un commento