Formato diviso per l'ennesimo esercizio di Necks-style. Ogni nuovo disco lo affronto un po' con sufficienza, convinto che prima o poi mi sentirò un po' stanchino delle loro jam, ed alla fine senza fare stravolgimenti accade sempre qualcosa di inaspettato. Three, forse per il suo titolo così pleonastico, non contribuisce ad arricchire il loro catalogo in maniera significativa, ma funziona bene come un condensato di classicità intrinseca. Further è la campionatura del loro versante elegante, col ritmo sincopato e la strumentazione a pieni giri, la ritmica sempre uguale ed Abrahams a dividersi fra piano ed organo.
Bloom è l'emblema della loro rappresentazione di caos organizzato, con Buck ipercinetico a preponderare sopra gli altri. Un treno vellutato in corsa che genera ipnosi nevrotica.
Lovelock l'ambientazione sinistra, notturna ed inquieante. Lloyd-Swanton tremebondo a svisare con l'archetto, Abrahams superbo nel distillare i suoi sgocciolii, Buck viscido a sgusciare fra rullante e triangoli e chincaglierie.
Ogni nuovo disco, una nuova fiera delle vanità e della destrezza. Alla loro età, la sfida può essere soltanto contro sè stessi e le macchine che hanno in corpo.
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