Un evento attesissimo, specialmente per chi se li era persi un decennio fa, quand'erano in vita. Uno hiatus mai motivato ufficialmente per l'ensemble canadese, che ora è di nuovo in pista per ristabilire live la posizione (mai persa, ovviamente) di capostipiti di certe sonorità post-sinfoniche-progressive, e sinceramente non ha importanza se ci siano nuove composizioni in cantiere o meno (a me non è sembrato di sentire inediti).
Un esperienza che metaforicamente descriverei come scalare una montagna; una performance durata due ore e mezza, in cui l'ottetto dà tutta la sua concentrazione, la solennità e l'emotività delle suites. Loro non sono emotivi, tutt'altro: freddi e con i capi chini sugli strumenti, gli unici cenni al numerosissimo pubblico saranno al termine, quando all'una circa, alla spicciolata lasciano il palco. Ovviamente non esiste il concetto di bis, non ce ne sarebbe stato nessun bisogno dopo una maratona che lascia piacevolmente stanchi ed ebbri.
Il supporto è quanto di più fuorviante ci possa essere. Un ragazzo piomba sul palco con due sax, ne sfodera uno enorme ed inizia a barrire muggiti impressionanti. Poi estrae quello piccolo e destabilizza con squittii competenti e deliranti. Colin Stetson ringrazia tanto i GYBE per avergli dato questa opportunità, e si rivela un ottimo performer. Con l'aiuto degli auto-loop, inscena una manciata di quadretti surreali, dal vago sapore jazz. Apprezziamo.
L'ottetto fa il suo ingresso in punta di piedi, uno ad uno. Fa piacere rivedere il vecchio chitarrista Moya in formazione, mentre risulta assente la cellista Johnson. Per il resto gli elementi sono quelli storici: i due batteristi Girt e Cawdron (anche al glockenspiel), la violinista Marceau, i due bassisti Pezzente e Amar, impegnato anche al contrabbasso, e i due chitarristi Bryant e Menuck.
Scorrono i classici, nelle solite durate chilometriche, fra il quarto d'ora e la mezz'ora, quasi sempre nell'oscurità (come da video sottostanti), con una maggior propensione alla psichedelia specialmente quando Menuck e Moya indugiano sulle note alte armati di cacciaviti. Se il ruolo di Bryant sembra essere quello di direttore d'orchestra, è la Marceau a punteggiare con maggior fascino.
Un ritorno meraviglioso, per chi se li fosse dimenticati.
Scorrono i classici, nelle solite durate chilometriche, fra il quarto d'ora e la mezz'ora, quasi sempre nell'oscurità (come da video sottostanti), con una maggior propensione alla psichedelia specialmente quando Menuck e Moya indugiano sulle note alte armati di cacciaviti. Se il ruolo di Bryant sembra essere quello di direttore d'orchestra, è la Marceau a punteggiare con maggior fascino.
Un ritorno meraviglioso, per chi se li fosse dimenticati.
Grazie per il report!
RispondiEliminaOggi mi riascolterò Lift yr...
grandissimo concerto. esecuzioni perfette e tanta, TANTA potenza.
RispondiEliminasono il meglio.
unfortunately i don't understand italian language, but i guess it was great. so sad that they don't play munich. saw them in 2001, it was fantastic.
RispondiEliminaHey Dottore, c'eri anche tu? Io ero in seconda fila, è stata una roba atomica...
RispondiEliminaYou guess right, it was amazing. Hope they won't come back in 8 years again, we've been very lucky having 2 gigs in Italy...
non potevo certo mancare all'evento dell'anno. avevo i biglietti da MESI.
RispondiEliminacomunque io stavo abbastanza avanti, ma poi mi sono defilato più indietro perchè da dovero sentivo praticamente solo i bassi.
poi a parte i gybe che vabbè si sa che sono magnifici. ma quello stetson là? gesù è stata una pura goduria!
Anch'io avevo il ticket da un bel po'. Ero in posizione centrale ed il suono era davvero ottimo, in effetti i bassi erano molto marcati (specialmente quello di Pezzente), ma l'effetto d'insieme era perfetto a mio avviso. Stetson è un fenomeno, non c'è niente da dire. E ogni volta che finiva un pezzo faceva delle facce stralunate che sembrava stesse scoppiando da un momento all'altro :-)
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