3E apre con un singhiozzante wave'n'roll alla Devo, 11.000 Volts prosegue con una malata digressione alla Pere Ubu, con la voce disturbata della Hamilton. Già dall'inizio doveva esserci da restare sorpresi, ma da lì in poi l'opera omnia di questo combo bisex si rivela un folle delirio di elettricità e schizofrenia. Il treno in corsa di Helen Forsdale con Crane ad emettere gemiti da cunicolo d'igiene mentale, la contemplazione post-nucleare di Hair Waves, il noise cingolato di Tunnel, ogni numero (perchè in tal senso le loro miniature erano esibizioni da circo dell'assurdo) vive di una storia a sè, per quattro personaggi che non sapevano suonare ma avevano gettiti e conati artistici da espellere senza ritegno nella fertile Grande Mela di quegli anni, spostando un po' più avanti il confine che i Red Krayola avevano già scavato una decina d'anni prima, in piena summer of love.
A riascoltarli adesso, i Mars sembrano paradossalmente progenitori di un certo industrial deviato (N.N. End) e divertono non poco con il teatrino di Puerto Rican Ghost, con l'utilizzo delle voci disumane e sfigurate, le chitarre come trapani a percussione, il basso come un sordo rimbombo atonale, la batteria come pietre che rotolano sul fianco di una montagna.
Talmente spiazzanti che forse lo restano ancora adesso...
Talmente spiazzanti che forse lo restano ancora adesso...
la recensione mi ha incuriosita... potrei avere il link? :)
RispondiEliminastesso discorso dei chrome...scrivimi a webbatici@gmail.com e ti manderò i link
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