Quanta sardonica ironia c'era nelle azioni dei TG, al di là dell'intenzione generica di shockare; titolo e cover di questo loro terzo album non facevano altro che rassicurare l'utente medio, ignaro degli incubi e degli stordimenti celati fra i solchi.
In realtà effettivamente si trattava di roba meno cruenta dei precedenti, con l'attenzione volta alla subliminalità e al graffio beffardo, però assestato di striscio, non allo stomaco. La title-track, in apertura, è un piccolo capolavoro di astrattismo pseudo-dub; il ritmo spezzato sintetico, le svisatine di synth, le trombe in dissonanza. Il disco si snoda attraverso diversi stili; i TG iniziavano ad avere maggior esperienza dei loro mezzi e da non musicisti erano diventati seviziatori consapevoli, cinici nelle tracce che facevano sfoggio di una musicalità: gli incubi library di Tanith ed Exotica, il brancolamento di Persuasion, il german-style di Walkabout (per tacere di quello applicato alla disco Hot on the heels of love, trash oltre misura). Il top però sta nel dark-ambient orrorifico di Beachy head, negli stantuffi meccanici di Still walking e Convincing people, nell'ossessiva marcia di What a day e nello psico-dramma chitarristico di Six six sixties, beffardamente tagliato dopo appena 2 minuti.
Nella ristampa in cd sono saggiamente annesse due versioni live di Discipline, a ripristinare il caos primordiale su di cui avevano fondato il loro malefico, formidabile piano di lavoro.
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