sabato 22 febbraio 2014

Totsuzen Danball - Naritatsukana - Can I (1981)

Non sto a tirar fuori il solito discorso di come possono esser strani ed inclassificabili i giapponesi alle nostre orecchie etc etc., anche se il caso dei TD ne è ennesima dimostrazione. In piena epoca new-wave ne prendevano (involontariamente?) le distanze e producevano questo album di debutto dall'incontrollabile originalità.
Trattavasi di un classico power-trio di cui due erano fratelli; il primo pezzo, ‘Senatku to Hairetsu, è talmente naif che disorienta subito. Chitarra e basso strimpellano all'unisono un semplicissimo sgocciolio di 4 note, che sembra di aver di fronte dei tizi che non hanno mai suonato in vita loro. L'effetto, complice anche una produzione spoglissima, è quasi ipnotico. In realtà come biglietto da visita non è poi così rappresentativo: la percentuale naif non eccede mai oltre il dovuto e anche quando ci si aspetta che il disco vada in stanca, dietro l'angolo fa sempre capolino una creatività debordante. Nei pezzi meno strani, diciamo 3-4 su 16, possiamo udire qualche influenza dei Fall o del Captain Beefheart più rude (fantastica Kaizoenin no Kibosuru Koto, in tal senso). 
Ma forse le prodezze maggiori i TD le compievano nei passaggi acustici, come nel prodigioso cicaleccio di Mokkoh, nel surreale claudicante di Tokidoki, nell'anti-torch-song Sonomama de (Ashita wha Christmas). Sconvolgono anche i tratteggi quasi cubisti di Ya.su.mi. e Sugoku Hidoi. 
Non finisce mai di sbalordirmi, il sol Levante.


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