Fin dalla prima volta in cui ho ascoltato la sua musica, avevo capito subito che Anthony Saggers è un personaggio speciale ed andava approfondito. Originario di Oxford ed attivo dal 2008, il giovane ha un enorme talento. Il problema è che la sua area (ambient, neoclassica, come la si vuole chiamare) è piuttosto inflazionata e peraltro già di elementi di spicco, quindi può faticare non poco ad emergere, nonostante il girovagare per etichette di settore sparse nel mondo.
All'ascolto di questi due che sono evidentemente prodotti maggiori del suo catalogo, vengo rapito in men che non si dica. La sua musica viaggia attorno a coordinate abbastanza riconosciute; la cameristica spartana di Skelton, il pianismo dimesso di Library Tapes, l'imponenza minimalista di Basinski, le partiture luminose di Helios/Goldmund.
Il colossale e lunghissimo Nothing but death predilige sculture di suoni stratificati, virando più su lidi basinskiani ma con più calore e coinvolgimento, sviando dall'effetto ipnosi e regalando vibranti emozioni.
Il colossale e lunghissimo Nothing but death predilige sculture di suoni stratificati, virando più su lidi basinskiani ma con più calore e coinvolgimento, sviando dall'effetto ipnosi e regalando vibranti emozioni.
Maly Wilk è stato autorilasciato solo su file, niente supporto fisico. Più dimesso ed umile, mette a nudo l'umanità disarmante di Saggers: qui, anzichè sculture, il pianista elabora quadretti autunnali ed impressionisti.
Mi rendo conto che in questo genere ormai non si può più inventare nulla, eppure qui ci sono ancora meraviglie.
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