Svolta benefica per Dylan Carlson, seppur inquadrabile come concessione ad un complesso più accessibile. Ma dopo i due volumi di Angels Of Darkness, Demons Of Light, che sublimavano la fase più rilassata e contemplativa a suo tempo inaugurata dallo splendido The bees..., probabilmente serviva un cambio e il ritorno ad un formato più rock sembra abbia convinto i più.
Non che ci siano stravolgimenti; i ritmi sono sempre quelli pachidermici, le lunghezze delle tracce chilometriche, gli accordoni dronici e i ruvidi ricami della chitarra solista, immancabili, è ovvio: le novità più essenziali sono i tre pezzi cantati. Il vocione espressivo e sempre amico di Lanegan fa materializzare una forma di drone-grunge dal fascino polveroso, mentre il timbro asettico di Rabia Shaheen Qazi si cala alla perfezione nell'ipnosi ronzante del contesto.
Lunga vita a Carlson, sopravvissuto scampato e marchiato a fuoco. Questo bluesman del deserto è sempre una sicurezza.
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