Il primo album postumo di AR, antologizzato dal produttore Don Christensen; chiunque si sia trovato a mettere le mani sulle registrazioni lasciate ai posteri merita perlomeno una citazione, chè comunque sia andata dev'esser stato un lavoraccio.
Il suono, per essere incisioni con ogni probabilità casalinghe, è generalmente buono ed il materiale ancora di più. Per la prima metà Russell insiste sul modello del suo capolavoro, ovvero inquiete e trasognate canzoni per voce e cello, quest'ultimo come sempre eccezionale, al netto di un riverbero qui invece assente. Nella seconda metà entra in scena la drum machine, qualche ospitata sparsa (fra cui il grande Zummo al trombone) e AR dà la stura alla sua vena dance, trasformando il cello in uno strumento universale che sa essere tastiera, chitarra o semplice percussione.
Sempre geniale anche se perso nella sua incertezza e nella sua fragilità.
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