Ed ecco il gruppo inglese che meglio rappresenta la naturale traslazione anni zero dei Magma, ovvero la sua versione più priva di orpelli, esente da operismi e/o tendenze teatrali e filtrata dai clangori moderni del noise e del math-rock. Sulla carta una gran bella sfida, non certo facile da mettere in atto. L'ensemble di Vander, pur con tutte le proprie manie di grandezza e megalomanie fantascentifiche, ebbe il merito di coniare una forma unica di jazz-prog che esulava da qualsiasi altra esperienza passata. Da loro i londinesi ereditano l'inquietante liquidità dal piano elettrico di O'Sullivan, le ritmiche elastiche e vorticose del batterista Smith, e una costante tendenza alla drammaturgia epica. Il basso pesante e metallico di Thompson e certe esplosioni di ferocia invece rimandano spesso ai Melvins, quando non addirittura alle pagine più fuzzate dell'Hopper dei Soft Machine. Le robuste iniezioni di mellotron invece li tengono più immersi nell'età dell'oro progressiva.
Five Suns è una suite complessa e dilatata in 5 parti, di impatto a tratti horrorifico ed imponente, con qualche iperbole doom-metal che rende il piatto ancora più rischioso ed in pieno bilico. Denso di partiture dalla grande competenza tecnica dei tre, il Guapo-sound sa elevarsi verso lidi pastorali e poi cadere pesantemente a terra per macinare potenza mefistotelica.
Gli accostamenti apparentemente improbabili fruttano grandi risultati anche nei 2 pezzi a corredo della suite principale, Mictlan e Topan, in particolare quest'ultima è una trasfigurazione di jazz geometrico della più bell'acqua.
Titanici.
Urka, che bel disco! :)
RispondiEliminaDisco n° 1 di quell'anno.
RispondiEliminaHo passato gli anni zero con le orecchie principalmente rivolte alle decadi precedenti. Ora sto recuperando.
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