venerdì 1 ottobre 2010

Grails - Burning off impurities (2007)

A sentire il disco ci sarebbe da immaginare 4 hippies sbucati chissà come direttamente dalla Germania degli anni '70, e invece scopro da foto che sono ragazzi dall'aspetto assolutamente ordinario, vestiti casual e dalle pettinature ordinate e corte. E tutto ciò è molto bello secondo me, segno del tempo che passa e gli stereotipi sono andati a farsi friggere, mentre l'ispirazione e la mediazione di quel decennio non muoiono mai.
Non so se il gruppo è ancora attivo: da un paio d'anni il talentuoso e tornitruante batterista Amos infatti milita negli Om, con mia somma soddisfazione per averlo visto all'opera all'inizio dell'anno. In ogni caso non è che i Grails siano qualcosa di sconvolgente, con tutto il rispetto per la loro attitudine: sono un mix di Ash Ra Tempel, Cul De Sac e musica indiana. Per carità, le sonorità sono bellissime e variopinte; a tratti sembra di essere in Tibet, ora sulle rive del Gange, ora nel Grand Canyon, però...In sostanza i Grails fanno jam-sessions senza un idea compositiva di fondo (in fondo anche i Cul De Sac hanno poco di composizione, ma in quanto a stile e classe sono imbattibili), facendo sfoggio della loro eccellente tecnica e creando soundscapes di notevole effetto, ma alla lunga tediano un pochetto.
Sono uno di quei gruppi che devono essere molto più interessanti dal vivo, quindi.

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