Un evento imprescindibile per me, fanatico inguaribile del quintetto losangeleno. Ancor di più sulla scia dell'ultimo, splendido The Fear Is Excruciating, But Therein Lies the Answer uscito qualche mese fa, che me li ha confermati alla grande come veicolo di coscienza ed emozioni siderali.
Così ci rechiamo in quel di Bologna e ci incamminiamo verso l'interno del cortile che circonda il Locomotiv, salvo poi accorgersi che è tutto buio e ben sprangato. Ben presto scopriamo che il concerto è stato spostato in un luogo a me del tutto sconosciuto, lo scalo San Donato in Via Larga. Saliamo la scalinata in muratura ed entriamo in un bar dove dentro fumano tutti; sembra di essere tornati indietro di 30 anni, in uno di quei circoli arci scarni e minimali. Ma al momento di approcciare la sala concerto, la scoperta è agghiacciante: uno scantinato ammuffito e strettissimo, con tanto di colonna portante ad 1/3 della lunghezza del palco che è alto ben 10 cm. In poche parole, un buco che si meriterebbe al massimo una cover band. Più tardi, parlando con Greg Burns, scoprirò che all'ultimo momento sono stati dirottati lì a causa di una sanzione contro il Locomotiv che evidentemente nella sua ultima serata aveva sforato o qualcosa del genere.
Comunque, arriviamo che le prime 3-4 file a destra della colonna sono già belle occupate, e con una seria preoccupazione riguardo all'acustica che promette alquanto male. Neanche il tempo di somatizzare la delusione che un distinto signore brizzolato si siede e inizia a suonare da solo, con un banjo effettato in mano. Sarà una lunga (almeno 20 minuti) elucubrazione dai toni misticheggianti-tragici, in un unica tonalità, abbastanza noiosa a mio avviso a parte gli ultimi minuti in cui tale Paul Labrecque (che nel frattempo aveva imbracciato una Gibson) trova un wall of sound davvero interessante, di una potenza quasi atomica.
Passiamo oltre ed arrivano i beniamini; Meyer sulla destra, Arahood a sinistra, al centro come frontman c'è Burns, Clifford dietro e la Rundle che viene impietosamente coperta dalla colonna portante. Il mio rimpianto maggiore resta quello di non aver avuto nessuna possibilità di fare una foto decente, ma appena attaccano Alone and unaware inizia la meraviglia, che durerà circa 80 minuti e sarà inarrestabile.
Un set che pesca equalmente da tutti i loro prodotti: la mia preferita in assoluto dall'ultimo, Hail of bombs, è la seconda in scaletta e sono già in estasi. Nonostante i nostri timori, l'acustica è buona (forse più a causa del riempimento del tugurio piuttosto che a motivi strutturali) e i suoni sono a dir poco perfetti, cosa non sempre semplice quando si coinvolgono 3 chitarre. I fasci di luce irradiati, il senso di dramma trasognato che regna costante, le cavalcate eclettiche e le meditazioni accecanti vengono fuori perfettamente. Restiamo soprattutto impressionati dal basso profondo e poliedrico di un grande Burns, nonchè dalla maestria di Clifford, batterista dalla storia già lunga ed importante. Non fanno un paio di miei pallini che avrei desiderato tantissimo, ma chi se ne frega.
Mentre smontano il palco, faccio due chiacchiere con Burns. Gli chiedo per favore di non farmi aspettare altri 4 anni per un nuovo album... Fuori la serata bolognese è fredda, ma ogni rosso cuore continua a splendere verso il rosso sole.
Così ci rechiamo in quel di Bologna e ci incamminiamo verso l'interno del cortile che circonda il Locomotiv, salvo poi accorgersi che è tutto buio e ben sprangato. Ben presto scopriamo che il concerto è stato spostato in un luogo a me del tutto sconosciuto, lo scalo San Donato in Via Larga. Saliamo la scalinata in muratura ed entriamo in un bar dove dentro fumano tutti; sembra di essere tornati indietro di 30 anni, in uno di quei circoli arci scarni e minimali. Ma al momento di approcciare la sala concerto, la scoperta è agghiacciante: uno scantinato ammuffito e strettissimo, con tanto di colonna portante ad 1/3 della lunghezza del palco che è alto ben 10 cm. In poche parole, un buco che si meriterebbe al massimo una cover band. Più tardi, parlando con Greg Burns, scoprirò che all'ultimo momento sono stati dirottati lì a causa di una sanzione contro il Locomotiv che evidentemente nella sua ultima serata aveva sforato o qualcosa del genere.
Comunque, arriviamo che le prime 3-4 file a destra della colonna sono già belle occupate, e con una seria preoccupazione riguardo all'acustica che promette alquanto male. Neanche il tempo di somatizzare la delusione che un distinto signore brizzolato si siede e inizia a suonare da solo, con un banjo effettato in mano. Sarà una lunga (almeno 20 minuti) elucubrazione dai toni misticheggianti-tragici, in un unica tonalità, abbastanza noiosa a mio avviso a parte gli ultimi minuti in cui tale Paul Labrecque (che nel frattempo aveva imbracciato una Gibson) trova un wall of sound davvero interessante, di una potenza quasi atomica.
Passiamo oltre ed arrivano i beniamini; Meyer sulla destra, Arahood a sinistra, al centro come frontman c'è Burns, Clifford dietro e la Rundle che viene impietosamente coperta dalla colonna portante. Il mio rimpianto maggiore resta quello di non aver avuto nessuna possibilità di fare una foto decente, ma appena attaccano Alone and unaware inizia la meraviglia, che durerà circa 80 minuti e sarà inarrestabile.
Un set che pesca equalmente da tutti i loro prodotti: la mia preferita in assoluto dall'ultimo, Hail of bombs, è la seconda in scaletta e sono già in estasi. Nonostante i nostri timori, l'acustica è buona (forse più a causa del riempimento del tugurio piuttosto che a motivi strutturali) e i suoni sono a dir poco perfetti, cosa non sempre semplice quando si coinvolgono 3 chitarre. I fasci di luce irradiati, il senso di dramma trasognato che regna costante, le cavalcate eclettiche e le meditazioni accecanti vengono fuori perfettamente. Restiamo soprattutto impressionati dal basso profondo e poliedrico di un grande Burns, nonchè dalla maestria di Clifford, batterista dalla storia già lunga ed importante. Non fanno un paio di miei pallini che avrei desiderato tantissimo, ma chi se ne frega.
Mentre smontano il palco, faccio due chiacchiere con Burns. Gli chiedo per favore di non farmi aspettare altri 4 anni per un nuovo album... Fuori la serata bolognese è fredda, ma ogni rosso cuore continua a splendere verso il rosso sole.
Li ho visti già tante volte eppure li vedrei altre cento... ti lasciano addosso una sensazione incredibile per giorni.
RispondiEliminaPeccato per il locale... almeno hanno coperto la rundle che è il danno minore :)
Tante volte??? Io invece ero solo alla prima, che invidia...
RispondiEliminaIl rammarico per il posto ignobile per fortuna è stato cancellato dalla magia del live, ma non mi sta bene lo stesso: a me piace guardare, seguire tutti i componenti e studiare le loro mosse. Per fortuna che Burns stava davanti e riuscivo a vedere le sue dita lavorare :-)
Si, li ho scoperti con un colpo di fortuna incredibile pochi mesi prima del loro tour in Italia del 2007 e me li sono visti due sere di seguito a Mezzago e a Roma. Poi li ho visti ad Amburgo e a Parigi l'anno dopo.
RispondiEliminaQuesta volta me li sono persi per problemi familiari, volevo andare al bloom come tre anni fa ma poi non potevo allontanarmi ed è andata così...
Ti capisco sul gustarsi tutte le mosse infatti credo che mi sarebbero girate le palle parecchio.. almeno però hanno scelto di coprire il pezzo meno imperdibile, vedila così.. :)
Meno imperdibile nel senso estetico o strumentistico? :-)
RispondiEliminaQuesti qui sono gruppi da vedere dal vivo...cazzolina ;)
RispondiEliminaRicordo che il primo album dei RS lo trovai stupendo, il secondo un po' meno (leggi = i soliti sintomi degenerativi del post-rock). Hanno fatto altro?
Entrambe! :)
RispondiEliminaSimone, secondo me la Rundle ha suonato in modo impeccabile. Lo dico in quanto, conoscendo i pezzi alla perfezione, non ho udito alcuna sbavatura nelle esecuzioni (la complessità dei loro pezzi non ammette impro).
RispondiEliminaSR82: amo alla follia tutti e 3 gli album che hanno fatto (+ l'EP Aphorisms), ma se proprio dovessi esprimere una preferenza va al secondo. Questione di millimetri, eh...
tranne che per quel giro di basso assurdo.... Ruggero
RispondiEliminauh, a quale ti riferisci?
RispondiEliminaquello tremendamente veloce che su disco non v'è.
RispondiEliminaNon intendevo dire che non sia brava.. lo è e fa il suo molto bene! Intendevo dire che se dovessi scegliere uno di loro da non vedere sceglierei lei perchè preferirei sicuramente vedere tutti gli altri all'opera... poi era anche una battutaccia visto che esteticamente non è una grandissima perdita :)
RispondiEliminaC'è da dire che le 3 chitarre erano molto impegnate e ferme, effettivamente lo spettacolo dinamico era incentrato su Burns, non a caso piazzato come frontman, (ma forse lo dico perchè anch'io suono il basso e allora m'interessa di più :-)) e sull'abilità tecnica di Clifford.
RispondiEliminaSull'estetica, i gusti sono sempre personali...personalmente la preferisco agli altri :-D
ahahahah si si, la preferisco agli altri anch'io, se messo alle strette... diciamo che potendo scegliere resto con tutti sul solo piano musicale!
RispondiEliminaClifford comunque è sempre uno spettacolo e Burns non è da meno
https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=M-fSBXHgDYo guardavo questo video del nuovo progetto di Burns e Rundle e mi sono ricordato che qui non si ebbero parole dolci per l'estetica della nostra Emma.... beh..... parliamone.......
RispondiElimina