Una versione californiana del classico suono 4AD, con particolare attenzione verso i suoni etnici e leggere suggestioni medio-orientali. Non propriamente dei Dead Can Dance minori, chè i pigmei si concentravano su sonorità visibilmente pop come nei due primi pezzi, Words never said e Waiting to arrive, mutuati dall'organ-rock dei sixties (con una debolissima voce maschile, ma la seconda poi curiosamente anticipa certe arie degli American Analog Set). E' comunque un disco dispersivo che ha il difetto di essere invecchiato un po' maluccio nonostante le ottime idee dei solenni strumentali Moment in Ceylon e Jerusalem.
Nella seconda parte del disco compare anche la soave voce femminile, dall'effetto evocatico seppur stucchevole a tratti. Sono ancora gli strumentali d'atmosfera a tenere banco, come la pianistica Hollow Lands e l'elegia finale di Nocturne. Ecco, se avessero lasciato perdere le voci i 17 Pygmies avrebbero realizzato una piccola perla sotterranea del post-wave americano.
Nella seconda parte del disco compare anche la soave voce femminile, dall'effetto evocatico seppur stucchevole a tratti. Sono ancora gli strumentali d'atmosfera a tenere banco, come la pianistica Hollow Lands e l'elegia finale di Nocturne. Ecco, se avessero lasciato perdere le voci i 17 Pygmies avrebbero realizzato una piccola perla sotterranea del post-wave americano.
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