giovedì 20 ottobre 2011

3/4Hadbeeneliminated - Oblivion (2010)

Un disco pauroso, che mi risulta arduo riuscire appena a descrivere per le emozioni che mi infonde. Se ci sono influenze o paragoni evidenti, sono io che non ci arrivo a sentirle.
Giungo decisamente tardi a scoprire questo virtuoso manipolo di sperimentatori che ha attirato su di sè le attenzioni persino di un etichetta statunitense in occasione del loro terzo disco nel 2007, ma non importa. Oblivion è una folgorazione di ricerca, lungo concepimento spezzato in 4 tronchi, un escursione onirica che scava nell'inconscio.
E' un lavoro in cui le lente aperture armoniche fanno da rompighiaccio per gli astrattismi sonori di Tricoli e Rocchetti, le due anime radicali. Pilia, le cui doti soprattutto timbriche ho avuto modo di verificare live con i Massimo Volume all'inizio di quest'anno, àncora a questo mondo le ambientazioni spettrali che ne conseguono, con le sue cerebrali ma lucide elucubrazioni chitarristiche, fosco e tenue.
Poi c'è il ruolo della voce (non ho trovato info finalizzate a capire di chi sia), un tremito fragile, che si aggira incerto e spaurito fra queste nebbie elettro-acustiche. La prima parte, lunga 17 minuti, è un remare indefesso in purgatori extra-sensoriali. Gioiello.
La seconda riesce a rarefarsi ancor di più. Echi cosmici in picchiata lasciano posto a manciate sparse di note di piano e all'archetto esponenziale sul contrabbasso (sempre Pilia, immagino). Mi risuona in testa la lezione filosofica di Mark Hollis; quella di non suonare mai più di una nota alla volta, e se non si è decisi, non suonare neanche quella.
Con la terza parte riprende anche il canto, un filo più deciso ma per questo sempre più traballante. La sequenza di Pilia è fatalista e sottilmente allucinata. C'entrerà il concetto alla lontana, ma mi viene in mente Starsailor. Inesolabilmente, i due grandi guastatori operano un'infernale invasione di campo. E' il caos, ma dura poco.
La 4° ed ultima parte ritrova un piccolo conforto fra le foschie droniche. E' il ritorno al punto di partenza, perchè in questi giorni ho ascoltato Oblivion a ripetizione nel tentativo di decifrarlo e di scriverci sopra due impressioni, possibilmente non insensate. Non so se ci sono riuscito, ma la voglia di ripartire per questo viaggio è sempre più pressante, ogni volta non è come quella precedente.
Onore.

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