giovedì 25 aprile 2013

Modest Mouse - The Moon & Antarctica (2000)

Scrivere qualcosa di capolavori come questi è impresa ardua, perchè me li sento dentro così tanto per averli vissuti in diretta da non saper descrivere le emozioni che sprigionano.
Ma mi sento obbligato a farlo; sono passati 13 anni, M&A fu adorato (a ragione) dalla stampa, ebbe un buon successo, e mi chiedo se fra altri 13 anni sarò ancora qui ad ascoltarlo, se nuovi giovani l'avranno scoperto (l'hanno mai sentito quelli di adesso?), se mi daranno le stesse sensazioni pietre miliari come The cold part, Dark center of the universe, The stars are projectors, Life like weeds, I came as a rat, Tiny cities made of ashes, tanto per indicare le mie preferite. Il discorso è del tutto simile a Perfect from now on dei Built To Spill: M&A è solo da ascoltare.

martedì 23 aprile 2013

Miranda - Rectal Exploration (2006)

Abbiamo anche noi un pazzoide e validissimo combo di avant-math-rock, sono i Miranda; meridionali trapiantati a Firenze, fanno un disco ogni 3-4 anni e si agitano imprevedibili fra irti corridoi da igiene mentale andando a sbattere contro le pareti, ma senza mai cadere.
Le influenze sono nobilissime; i Red Krayola di Soldier talk, l'ultimo leggendario Captain Beefheart, le divagazioni più astratte di Louisville, gli U.S. Maple di Long hair, il tutto condotto con attitudine sarcastica e sincopata.
Rectal exploration mette in mostra quanto può essere ancora creativo, ai giorni nostri, far giostrare il trio gts-bs-dr con fantasia, grazie soprattutto al vulcanico chitarrista. Ribolle, monta, sorprende, smonta, tiene alta l'attenzione. E' un disco reietto, ed in quanto tale orgoglioso di sè stesso.
Sotterranea ricchezza nazionale.


lunedì 22 aprile 2013

Minutemen - What Makes A Man Start Fires¿ (1983)

Disco forse non ricordato come meriterebbe all'interno della discografia del creative-trio. Meno spettacolare della scheggia impazzita, a tratti persino un po' introverso nonostante la consueta brevità dei pezzi, offre però un repertorio fortissimo, di cui si ricordano senz'altro le irresistibili Bob Dylan wrote propaganda songs, The only minority, This road, Pure joy, Fake contest, '99 sopra tutte le altre.
Ma anche sperimentazioni armoniche come l'oscura Plight, la gag jazzata Split Red, la sarabanda percussiva di East wind/Faith. Verrebbe quasi da citare tutti i pezzi, anche perchè sono soltanto 18, ma non ce n'è bisogno. Basta divertirsi all'ascolto e lasciarsi alle spalle tutte gli stress quotidiani, chè i Minutemen in fondo ne erano proprio gli antidoti necessari.

domenica 21 aprile 2013

Mint Julep - Songs About Snow (2008)

Così con oggi ho fatto una panoramica completa dei progetti di Kennif; Mint Julep è il duo con sua moglie e propone un electro-indie ai limiti del dream-pop, di certo nulla di sensazionale nè ispirato come gli standard a cui l'occhialuto ci ha abituato.
Forse comporre songs intese in senso tradizionale non è proprio nelle sue corde, oppure sono io che mi aspetto ciò che non potrebbe essere possibile, ovvero fare il miracolo in un ambito improbo.
Detto questo, Songs about snow va considerato come qualcosa di rassicurante ed orecchiabile, con tutti i suoi pregi (Your letter, Answers come last, Aria sono effettivamente molto belle)  e limiti (la voce di Hollie non è irresistibile, un po' diafana  ed inespressiva, ed alcuni titoli un po' debolucci).
La stoffa strumentale non tradisce, ma è da classificare più come divertissment che altro.

sabato 20 aprile 2013

Migala - Restos de un incendio (2001)

Da Madrid, una delle rare realtà iberiche ad uscire a livello internazionale. Il loro terzo disco, Arde, fu ristampato da Sub Pop; tutto il loro catalogo fu editato da Acuarela, sicuramente la più prestigiosa label spagnola che ha annoverato numerose uscite di artisti folk-rock (e non solo) da tutto il mondo.
Sull'onda dell'entusiasmo di Arde, Restos fu una specie di presentazione al pubblico anglosassone; pezzi dei precedenti album vennero ripresi e riarrangiati, con liriche in inglese. Musicalmente i Migala erano fautori di un compassato folk-rock dai toni crooneristici (l'influenza maggiore sembra derivare dai Tindersticks, pur con meno prosopopea), con qualche puntata chitarristica loud, fuori dal coro, come nell'ottimo strumentale d'avvio La cancion de gurb. 
Che fa il paio con Aquel incendio, fragorosa incursione nel mondo dell'epic-instru. Sono due episodi limite, però: la stragrande maggioranza del disco verte su questo cantautorato sostanzialmente educato, con una voce profonda che non si sbilancia mai, e che soprattutto non regala grosse emozioni. Anzi, a lungo andare annoia e mi fa pensare ai Migala come gruppo di categoria largamente inferiore (e per favore non si facciano paragoni oltremodo azzardati).....

Mi Ami - Watersports (2009)

C'è ancora spazio per le brillanti mutazioni genetiche del post-wave-funk alienato, anche quando ormai le pagine migliori dei Liars sono un mero ricordo. I Mi Ami di Washington provengono per 2/3 dai Black Dice, che una decina d'anni fa su Dischord tentavano di dire la loro in merito, per la verità senza risultati eclatanti.
Buona la seconda; Watersports è un centro a tutti gli effetti, un colpo alle anche di chi apprezza ancora questi ritmi. Ogni singola caratteristica del trio è interessante: il chitarrista suona nevrastenico ma soprattutto delira con un falsetto isterico sopra le righe (che al primo ascolto mi sembrava quasi femminile), il basso suona molto riverberato (in netto contrasto al tipico secco e spigoloso del post-wave) ed arzigogolato, il batterista indugia moltissimo sui tom, dando una specie di tocco tribale che ci sta divinamente.
Il risultato è un disco che sembra provenire da una foresta elettrificata, che lascia per strada il suo retroterra metropolitano e trasporta in una madhouse isolata da ogni scena, nonostante le indubbie radici. Originali.

giovedì 18 aprile 2013

Metal Mountains - Golden Trees (2011)

Ammaliante avvolgimento di psych-folk decisamente out of time per i Metal Mountains, trio per violino, chitarre e voce estasiata femminile.
Il disco presenta buoni pregi: la media compositiva relativamente valida, un clima autunnale sostenuto da sapienti arrangiamenti e la voce della Rush che è emotivamente impeccabile. La formula in sè, quantomeno prevedibile, potrebbe stancare facilmente (come a volte può accadere per i Charalambides, di cui i Metal Mountains sembrano una versione più sobria) ma viene facilitata dalla breve durata, poco più di mezz'oretta.
I 7 titoli in scaletta non presentano saliscendi particolari, hanno uno svolgimento lineare che evidenzia omogeneità assoluta: terreni ma levitanti, i Metal Mountains chiedono attenzione con pacatezza infinita e regalano conforto come un focolare in pieno inverno.

mercoledì 17 aprile 2013

Mermen - A Glorious Lethal Euphoria (1995)

Un sentito ringraziamento all'amico Vlad per avermi fatto conoscere questo grande power-trio californiano che a metà anni '90 stampò pagine gloriose e poderose di rock strumentale come questo lungo, tortuoso ed infuocato capitolo.
Sinceramente, non sono mai stato un fan del surf originale e leggendo che il loro stile era chiaramente mutuato da esso, al primo ascolto non ero molto fiducioso ma mi sono dovuto ben presto ricredere. In realtà credo che i Mermen riuscissero a distillare un loro sound personalizzato derivato da tante pagine storiche degli anni '60 e '70 (Hendrix e Neil Young su tutti) dandogli una profondità unica, grazie anche all'impressionante interplay fra la sezione ritmica ed un chitarrista pirotecnico come Thomas, che tecnicamente non fa cose impossibile ma è un asso nel far parlare la sua 6-corde con un cuore grande così.
A Glorious Lethal Euphoria ha un umore generale che non è nè gioioso nè oscuro; si naviga a vista fra correnti improvvise di hard-rock compresso e fasi meditative, con una formula concettuale ed esecutiva davvero unica.


martedì 16 aprile 2013

Melvins - Hostile Ambient Takeover (2002)

E' da tempo immemore che i Melvins hanno esaurito la loro carica creativa, c'è poco da fare. Il loro ultimo disco che mi ha entusiasmato è stato Honky del 1997, una vita fa. Fino ad allora erano stati più o meno una sicurezza; abbandonando progressivamente le loro origini doom-grunge ad alta creatività / stranezza, finirono per appiattirsi continuando a propinare il riciclo di loro stessi all'infinito. Ho ascoltato tutti i loro dischi successivi ma senza riuscire a trovare un motivo di interesse.
E' chiaro che stiamo parlando di un istituzione, di una leggenda che ha influenzato decine e decine di bands, che ha scritto pagine leggendarie, che ha uno dei migliori batteristi degli ultimi 25 anni. Ma dischi stanchi e ripetitivi come questo lascia poco conforto alle mie orecchie (e pensare che è considerato uno dei preferiti dai fans!).

lunedì 15 aprile 2013

Mellonta Tauta - Sun Fell (1994)

Registrato a Firenze e uscito per un etichetta tedesca, Sun Fell è un medio-alto disco di dream-pop contaminato realizzato da questo duo argentino (!), capitato in Europa chissà in quale modo.
L'assetto è di quelli tipici: cantante donna suadente dal tono delicatissimo, polistrumentista uomo che firma le musiche. Ma piuttosto che cercare di imitare i Cocteau Twins, i MT cercavano di filtrare le proprie influenze con qualche barocchismo assortito e persino qualche retaggio sparso delle loro origini sudamericane.
Semmai, li si poteva paragonare più a dei Cranes con meno dark-gotico nelle vene, e spiccava la presenza di ottime songs (Yini mijain, Dawn, Elefantes) più o meno canoniche. Le cose più interessanti però sono nel finale del disco, quando si spengono le drum-machine e le chitarre distorte: lo strumentale Gauchos, il sogno trasalente di Andaporaquianda e soprattutto Balenas, angosciante litania chiesastica che rimette in discussione tutto ciò che l'ha preceduta.


domenica 14 aprile 2013

Meanwhile, Back In Communist Russia - Peel Sessions 2001-2003

Due sessioni registrate a Maida Vale (nessuna traccia in rete della terza, registrata nell'autunno 2001 alla Birm Academy, ma accontentiamoci!) per il buon vecchio John che evidentemente era rimasto colpito dalle capacità di questo grandissimo quintetto di Oxford, meteora luminosa di inizio anni '00 che aveva le potenzialità per continuare a fare cose fantastiche oltre i due album pubblicati ma si sfaldò, vittima dei propri dissidi.
Riassumendo, i Meanwhile furono in grado di eguagliare l'arte insuperata degli Arab Strap nel saper creare stupendi scenari evocativi pregni di spleen contornandoli di un recitato ad alto contenuto esistenziale (con la differenza che alla voce c'era una lady), ma avevano una strumentazione più piena ed una componente squisitamente elettronica non marginale nell'impianto.
5 pezzi per la prima session, contemporanea al debutto Indian Ink: trittico da meraviglie per Acid Drops (rasoiate di synth, bordoni di organo, chitarra acide in crescendo), Blind spot (atmosferico che evolve in un ritmo quasi techno con chitarroni in your face), e soprattutto Delay decay attack, con un infinita melodia da far morire d'invidia Thom Yorke. Chiudono due doom-folk in pieno stile arabstrapiano, Sacred mountain e l'inedita Ode.
La session del 2003 li vede addirittura crescere dal punto di vista lirico; la cinematica magia di Anatomies e la mogwaiana serafica di Chinese lantern sono gli estratti dal secondo appena uscito, gli altri due sono addirittura inediti, e sono clamorosi: Cats cradle, probabilmente il loro capolavoro assoluto, di una solennità ed imponenza da brividi. Rosary è la loro mini-sinfonia alla cupezza ed alla introspezione.
Indimenticabili. Ingiustizia fu fatta.


giovedì 11 aprile 2013

Mazinga Phaser - Cruising in the Neon Glories of the New American Night (1996)

Della moltitudine di bands texane che negli anni '90 agitavano la locale scena psichedelica e dintorni si ricordano pochissimi nomi, fra cui ST 37 e i Mazinga Phaser che arrivarono relativamente tardi all'esordio ma lo fecero in maniera più che egregia con questo Cruising.
Perchè è imprevedibile e non ci sono schemi ricorrenti; è una sequenza slabbrata, priva di messe a fuoco ma che funziona. I pezzi canonicamente eseguiti a strumentazione piena, in cui l'esile voce femminile dona fascino al complesso, sono gentili escursioni di space-rock misurato (preziosissimi gli interventi di tromba) ma restano abbastanza marginali: il grosso è costituito da meditazioni cosmiche arrangiate con un gusto ed una misura piuttosto rara nel campo dello psych-rock, a tratti con venature dub o droniche.
Paradossalmente, erano avanti di una decina d'anni; fossero venuti fuori qualche anno fa avrebbero giovato di un esposizione superiore, invece fecero un'altro paio di dischi e poi scomparvero, alieni a quasi ogni scena.

mercoledì 10 aprile 2013

Mazey Fade - Secret Watchers Built The World (1994)

Anomalia di Liverpool di cui s'innamorò abbastanza John Peel, che li chiamò a fare le sue sessions per ben 3 volte in manco 2 anni. Fecero una manciata di EP, quest'unico album su Domino e poi scomparvero dalla circolazione. Nessuna info, nessuna bio esauriente, solo questa foto in cui i ragazzi probabilmente s'interrogano con fare corrucciato sul loro futuro.
Anomalia perchè facevano una specie di noise-rock / no-wave sbilenco ma incisivo, dalle ritmiche fratturate; apparentemente sconclusionato e slegato, ma in realtà ben focalizzato a creare un caos ben organizzato.
Come tante meteore indipendenti degli anni '90, i Mazey Fade sono finiti in un buco nero ma Secret watchers è stato una sorpresa anche per me che l'ho recuperato di recente grazie ad una memoria Planet Rock. Un'anomalia noise belluina e selvaggia, con lo scatenato chitarrista sugli scudi (suono vagamente albiniano), e a maggior ragione perchè proveniente dall'Inghilterra.

martedì 9 aprile 2013

Massacre - Killing Time (1981)

Oggetto misterioso (e forse non tributato come meriterebbe, a mio avviso) dell'avant-rock. Massacre comprendeva un giovane e pirotecnico Laswell, il batterista Maher ed un sornione Frith, abilissimo nel rinnovarsi e smarcarsi dal RIO che l'aveva visto protagonista nella decade appena terminata.
Ne conseguiva una girandola imprendibile di avant-math-rock perfettamente allineato ai tempi: suoni secchi, spigolosi, zigzaganti. La lezione beefheartiana del tempo messa in campo e asservita alla no-wave ultra-tecnicizzata: i brevi ed esaltanti bozzetti (con qualche strappo di funk pallidissimo, grazie soprattutto a Laswell) facevano da cuscinetto in mezzo ad una sarabanda di numeri in maggioranza ombrosi.
Un disco miliare, certamente molto ostico ma fra i colossi del più deviato astrattismo rock.


lunedì 8 aprile 2013

Mars Volta - De-Loused in the Comatorium (2003)

E così è finita anche per loro, dopo quasi vent'anni di relationship artistica. I due riccioloni sono scoppiati e si sono divisi, ponendo fine alla vicenda Mars Volta, che fra alti e bassi e checchè se ne pensi, è stata una grande realtà. Non che gli ultimi dischi fossero stati memorabili, anzi, il manierismo era ormai diventata una realtà piuttosto tangibile. Ma la loro peculiarità è rimasta intatta.
Quindi per commemorare vale ributtarsi nell'ascolto dei loro primi due album, articolatissimi e ancor splendenti di propria luce. De-loused, anticamera del capolavoro assoluto Frances the mute, è simbolo dell'alt-prog più infuocato ed eclettico, esotico e retro-attivo. Basti ascoltare la sequenza Drunkship of lanterns + Eriatarka, in cui si passa freneticamente dalle frenesie esagitate a scenari onirici di bellezza indiscussa, per stabilire che sì, se c'è stato un gruppo negli ultimi anni a portare alto il vessillo dell'hard-rock più avventuroso degli anni '70, sono stati proprio loro.

domenica 7 aprile 2013

Marriages - Kitsune (2012)

3/5 dei Red Sparowes formano i Marriages: la grande sezione ritmica (Burns e Clifford) + la chitarrista Rundle che per l'occasione diventa anche vocalist.
L'attività del trio sembra infittirsi, con mio rammarico in quanto chissà quanto dovrò aspettare per un nuovo RS, e poi perchè non è che Kitsune mi abbia tanto impressionato: i tre si spostano lateralmente (per non dire indietreggiano) verso un post-shoegaze piuttosto debitore agli Slowdive (Body of shape, Ten tiny fingers, Part the dark again) al quale non basta la qualità tecnica intrinseca per strappare un tiepido entusiasmo. Oltretutto, la voce della Rundle è un po' scarsina per affrontare l'impatto, e per una questione che non credo sia di mixaggio. Si salva un po' l'iniziale Ride in my place, mentre sono un mezzo disastro i due strumentali (Pelt e White Shape) che sembrano troppo delle prove di studio per essere pezzi destinati ad un disco, da tanto che sono piatti.
Deludenti; per il pedigree mi aspettavo molto di più.

sabato 6 aprile 2013

Leonardo Marletta - Percussioni Ed Effetti (1977)

Non si sa veramente nulla di Marletta, e questo titolo uscito per Cenacolo nel 1977 (persino l'anno è incerto, ma tale si direbbe in base alle sequenze dei codici - viene spesso citato 1983 ma lo escludo, viste le sonorità) è l'unica testimonianza di output reperibile.
Come intuibile dal titolo, è una sarabanda di esperimenti ritmici giocati su svariate combinazioni (interessante la legenda allegata, con sottotitolo a spiegare ogni singola traccia in 5-6 parole). Poche le incursioni realmente musicate, ma notevoli: Violenza si muove su una sinuosa linea di synth basso, Reflection e Riverberazioni su una suspense di accordi astratti di piano elettrico, Apocalisse su boombastici lamenti di synth distortissimo. Il mood generale di batteria è impostato sul tintinnio del ride tipicamente jazzistico, ma sembra più un mero supporto che una impostazione voluta. Tutto il secondo lato è fatto di esperimenti percussivi che rendono ancor più ostico il disco, un prodotto borderline persino per la library più speculare.

venerdì 5 aprile 2013

Marlene Kuntz - Bianco Sporco (2005)

A rifletterci, anche all'inizio era una questione di epidermide; le tracce più infuocate erano quelle che ti facevano gridare al miracolo italiano, ma alla distanza erano quelle più meditate a restare impresse nella memoria affettiva.
In Bianco sporco, l'aspetto riflessivo è predominante: matematicamente nei primi dischi erano una netta minoranza, qui siamo ad una metà abbondante e persino le altre non si agitano più di tanto, dando il via ad una mini-fase molto adulta che culminerà in quel piccolo capolavoro chiamato Uno.
Si prenda una rivelazione come Amen, commovente zenith emotivo come forse mai i Marlene erano riusciti a raggiungere, con messe di violini e cori sepolcrali. Alla stessa altezza poi le splendide La lira di Narciso e Il solitario, imperturbabili denudazioni dello spleen godaniano più ripiegato in se stesso.
Sono canzoni, come esattamente ci si è sempre aspettato da loro, canonicamente costruite (sarebbe assurdo aspettarsi rivoluzioni copernicane) con la loro arte radicata da vent'anni, non più urlate e incattivite. A volte le mutazioni capitano anche in corsa: La cognizione del dolore inizia grintosa ma a metà i violini e i cori annebbiano inesorabilmente il campo.
Pazienza se i momenti di stanca o di routine sono disseminati in qua e in là; in un ipotetica antologia qui ci sono almeno 3 pezzi, e non è poco.

mercoledì 3 aprile 2013

Marillion - Script For A Jester's Tear (1983)

Chi aveva scommesso una cicca, in piena era synth-pop, sul grande successo di una band che tentava di clonare in tutto e per tutto i Genesis di Nursery cryme e Foxtrot, senza averne un quarto della stessa bravura generica?
Misteri della storia, del sociale e del costume, degli anni '80. La cicca se la giocò la Emi e vinse alla grande. Ma era chiaro che c'era una generazione di trentenni rimasta orfana dei grandi nomi, o morti o convertitisi, che voleva essere sfamata da qualcuno che riprendesse un discorso interrotto bruscamente poco prima del '77.
Ad ascoltare adesso il primo album dei Marillion la prima reazione è di grande simpatia e di buone vibrazioni prive di autoreferenzialità estetiche. Forse il loro miglior pregio era di conoscere i loro limiti ed infatti non li superarono mai (anche se il batterista era un evidente punto debole e il chitarrista a volte un po' invadente), e fra i 6 pezzi contenuti nel disco ce ne almeno sono un paio di memorabili; la title-track specialmente nei break tranquilli e Chelsea Monday, gemma di romanticismo epico che regala cristalline emozioni.