mercoledì 3 aprile 2013

Marillion - Script For A Jester's Tear (1983)

Chi aveva scommesso una cicca, in piena era synth-pop, sul grande successo di una band che tentava di clonare in tutto e per tutto i Genesis di Nursery cryme e Foxtrot, senza averne un quarto della stessa bravura generica?
Misteri della storia, del sociale e del costume, degli anni '80. La cicca se la giocò la Emi e vinse alla grande. Ma era chiaro che c'era una generazione di trentenni rimasta orfana dei grandi nomi, o morti o convertitisi, che voleva essere sfamata da qualcuno che riprendesse un discorso interrotto bruscamente poco prima del '77.
Ad ascoltare adesso il primo album dei Marillion la prima reazione è di grande simpatia e di buone vibrazioni prive di autoreferenzialità estetiche. Forse il loro miglior pregio era di conoscere i loro limiti ed infatti non li superarono mai (anche se il batterista era un evidente punto debole e il chitarrista a volte un po' invadente), e fra i 6 pezzi contenuti nel disco ce ne almeno sono un paio di memorabili; la title-track specialmente nei break tranquilli e Chelsea Monday, gemma di romanticismo epico che regala cristalline emozioni.

3 commenti:

  1. Uno dei dischi cult del liceo.
    Garden party l'avrò sentita non so quante volte (tra vinile e video di Videomusic).

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  2. Portavi anche la bandana alla Fish?

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