lunedì 30 settembre 2013

Graeme Revell - Musique Brut Collection (The Insect Musicians & Necropolis, Amphibians & Reptiles) (1994)

Raccolta di due lavori che il neozelandese pubblicò a metà anni '80, quando era ancora nelle fila dei disturbanti SPK. Destinato a diventare un fortunato compositore di colonne sonore negli anni '90, il tastierista si prendeva pause dalla recrudescenza del gruppo per dare sfogo a qualche velleità sperimentale e The insect musicians ne è bizzarra testimonianza: a quanto pare si tratta di musiche in buona parte processando suoni provenienti da insetti. Sono facilmente udibili grilli e cicale allo stato naturale, mentre il ruolo musicale ovviamente resta appannaggio delle tastiere per un percorso che alterna stasi riflessive a temi etnici, con qualche ritmo sostenuto in qua e in là e qualche bel frangente (Sleeping sickness e Melancholia) sul piano più votato all'ambientale. Buono.
Necropolis, Amphibians & Reptiles invece è un ancor più bizzarro tributo ad Adolf Wolfli, un malato di mente svizzero che, rinchiuso per metà della propria vita in un manicomio a cavallo del 20esimo secolo, si inventò pittore surreale e persino compositore, nonostante non avesse un retroterra strettamente musicale. Non so quanta farina sia del sacco dell'uno o dell'altro, vien da pensare vista l'eterogeneità; se la title-track è un pregevole bozzetto di dark-new-age dai toni malinconici, il resto si muove indeciso fra fanfare bandistiche, nonsense pianistici, recitati e musica da processione marziale. Discutibile.

domenica 29 settembre 2013

Retribution Gospel Choir - Retribution Gospel Choir (2008)

Progetto collaterale di Sparhawk e del bassista Garrinton dei Low, dall'esito evidentemente positivo dato che in 5 anni ha già realizzato 3 dischi. Dato che i Low sono cronicamente alle prese con i loro standard ed apparentemente non riescono a rinnovarsi (per carità, poi per la maggiore vanno bene così, ehm...) RGC cerca di mischiare un po' le carte e alza chitarre, volumi e ritmo, anche se l'imprinting in sostanza è sempre quello.
Il disco di debutto inizia molto bene con They knew you well, che alterna riff sporchi a tratti introspettivi con un'ottima melodia. Ma il giochino mostra la corda molto presto per vari motivi; già ci sono alcune cover dei Low stessi (!!) che non sono proprio il massimo, e gradatamente le canzoni diventano sempre meno interessanti: quando va bene c'è un tratteggio neilyounghiano appena appena decente (Destroyer, Kids), quando va peggio sembrano una scarsa imitazione dei Queens Of The Stone Age (Somebody's someone, For her blood).

sabato 28 settembre 2013

Residents - Meet the Residents (1974)

Concettualizzando con profondità ed una certa sensibilità musicale l'apertura di pista dei Cromagnon e dei Godz, i Residents sono diventati uno degli act più strani ed indefinibili della storia ed è quasi incredibile che siano tutt'ora attivi, anche se nella quasi totale indifferenza di tutti; lo scherzo più lungo che ci sia.
Meet the fu il primo album ed è senz'altro il più musicale fra i dischi più leggendari, diciamo fino ad inizio anni '80: la prima facciata è imperniata sul piano honky-tonk che guida brevi vignette di estrazione vaudeville, immerse in un atmosfera surreale e quasi drammatica. La seconda invece, con l'innesto di una chitarra elettrica inizia con movenze addirittura funk per poi divagare nuovamente su danze spastiche, quasi demenziali ma che trasmettono un'indefinibile disagio.
La ristampa su Cd comprende anche la riproposizione del breve concept Santa Dog, la prima pubblicazione in assoluto avvenuta un paio d'anni prima su doppio 45 giri. Non meno straniante dell'album e chissà cosa ne pensarono quei pochissimi prodi che ebbero a che fare con esso all'epoca.


venerdì 27 settembre 2013

Replacements - Let It Be (1984)

Fa il paio dei capolavori riconosciuti dei Mats insieme a Tim. E' forte di un ventaglio di stili che abbatte ogni barriera, che sventolava il fazzoletto bianco all'hardcore (poco più che una gag l'ultimo residuo, We're comin out) e salutava l'ingresso in una nuova dimensione melodica.
Tim per me resta imbattibile, ma dopo tanti anni Let it be scatena affetto e divertimento genuino. Fra l'altro la ristampa di qualche anno fa ha rivelato che c'era un paio di outtake rimaste nei cassetti che invece potevano entrare dalla porta principale senza abbassare il livello. Si può dire che siano stati l'ultimo vero gruppo rock and roll della storia?
A tale storia va consegnata principalmente Unsatisfied, ballad elettrificata che sovrasta tutto il panorama con la propria brillantezza. E le trascinanti Favourite thingTommy gets hit tonsils out, Gary's got a boner, perchè era di personaggi e storie normali di tutti i giorni di cui si parlava. E l'umanità dei Replacements era davvero tanto tangibile.

giovedì 26 settembre 2013

Red Temple Spirits - Demo 1987 + Demo 1990

Dopo un quarto di secolo qualche buona persona (alla indòmita Indipendent Project) si è decisa finalmente a rimasterizzare i due dischi dei RTS, ed è un sottile piacere scoprire che ancora oggi si omaggia questa grande e sfortunata band. 
A corollario dell'operazione è spuntato fuori anche un demo di 4 tracce che presumo risalire al 1987, di cui 3 confluiranno su Dancing. In confronto alla produzione espansa a cui verrà sottoposto il materiale, qui il suono è grezzo ed asciutto; i riff circolari di Moonlight, la danza a rotta di collo di Dreamings ending, il lungo climax psico-drammatico di The light of Christ, non subiscono variazioni strutturali rispetto alle versioni definitive. L'unico a restare inedito è The alchemists stone, litania acida effettivamente al di sotto della media.
Su Soulseek ho scovato un non meglio identificato demo del 1990, a riprova del fatto che l'attività proseguiva ancora, nonostante l'esigua popolarità raggiunta. La visionarietà mistica però sembrava averli abbandonati e si presentavano con un suono tornitruante e molto meno oscuro, in qualche modo sulla direzione che già avevano intrapreso con If tomorrow I were leaving.... Lungi ancora dall'essere mainstream, ma un influenza vagamente Cure si può notare soprattutto nelle chitarre, mentre le ritmiche si fanno fragorose per non dire pestone. Soltanto Revolution of the heart accende ancora certi fuochi; direi che se queste erano le premesse fu quasi un bene che si siano sciolti.

mercoledì 25 settembre 2013

Red Sparowes - Split EP w/Gregor Samsa + Split EP w/Grails (2005/06)


Due EP condivisi che hanno contribuito (per modo di dire, viste la contigua sotterraneità e le esigue tirature) alla visibilità dei RS nei primi anni di cammino. Compagni di viaggio due band profondamente diverse, di diversa estrazione ma entrambe con lo stesso genuino spirito che le rende speciali, a modo loro.
Cronologicamente primo quello coi Gregor Samsa, in cui i RS fanno collidere un'inattesa influenza wave di I saw the sky...con la tipica esplosione wagneriana, in un insieme dinamico che mantiene l'equilibrio miracoloso, replicato dalla già pubblicata e speciale Buidings began to stretch. I GS regalano un altra manciata della loro leggiadria cameristica con Young & Old, doppiata dal fragore shoe-gaze di +Rock Song, quasi mogwaiana nella struttura.
L'anno successivo è la volta dei Grails, band di cui ho espresso seri dubbi in merito, ma che poi hanno replicato successivamente con un paio di bellissimi dischi; nel trittico offerto si ripropone il dilemma della loro ubiquità stilistica: folk, misticismo, esotismo, psichedelia tutti a cozzare uno contro l'altro, senza fare miracoli ma con discreto gusto.
Dal canto loro, i RS rispondevano col quarto d'ora di As the black wind withers...., elaborazione complessa e dilatata, piena di fughe e ripiegamenti, con momenti di sensibilità estrema ed altri con le maniere rudi. Non il loro top, ma da tenere sempre a mente all'interno della discografia.

martedì 24 settembre 2013

Red Red Meat - Bunny Gets Paid (1995)

Quando Brock dei Modest Mouse venne stuzzicato riguarda ad un eventuale influenza dei Pixies sul loro sound, rispose prontamente "mi piacerebbe piuttosto che fossimo paragonati ai Red Red Meat, ma nessuno l'ha fatto". 
Ecco, si tratta dell'ennesima grande band non riconosciuta dal pubblico e beh, gli output sono un po' diversi, ma qualche assonanza di stampo melodico si può cogliere (e non si può negare che anche i Wilco abbiano colto qualche intuizione, si ascolti Chain Chain Chain per credere) specialmente in questo Bunny che fece da anticipo all'ostico e definitivo There's a star. La melodia contava ancora parecchio, e ce ne sono anche delle memorabili seppur celate da una spessa opacità di fondo. Un 3/4 di Bunny è eseguito con (finta) svogliatezza che stravolge qualsiasi ipotesi di blues o post-blues; è un post-folk allucinato che fa vibrare ancor più forte nell'altro quarto, quello energico che registra certezze come Rosewood wax, Idiot son e soprattutto Taxidermy blues in reverse.
Ossidati ma rossi rossi come buon vino d'annata.


lunedì 23 settembre 2013

Red Krayola - 1967 The Parable Of Arable Land (RMS 2011)

C'è sempre da dire sulla visionarietà incontenibile di Parable e tanto della sua lungimiranza, chè dopo di esso si aprì un mondo all'avant-rock tutto ma forse resta un episodio talmente geniale che non si possono registrare tentativi d'imitazione se non nello spirito.
Sono passati 46 anni e il suo ascolto ancora colpisce; le 6 Free form freak out, frutti di cacofoniche improvvisazioni in libertà con un capannello di amici, furono quanto di più radicale all'epoca e c'è poco da sorridere sulla loro naivetè. Ciò che resta impresso nella memoria è ovviamente costituito dalle canzoni presumibilmente normali, contrassegnate peraltro da un melodismo e da un dosaggio esponenziale e deviato di psichedelia tipica dell'epoca, comunque in grado di sballare grazie alle infinite trovate ad effetto, su tutte Hurricane fighter plane e Pink stainless tail. 
Thompson nelle foto se la rideva, e si capisce perchè: pare abbondare un sardonico senso dell'umorismo, e probabilmente non si immaginava di scrivere un caposaldo così decisivo.

domenica 22 settembre 2013

Red House Painters - Live 1995-09-28 Alligator Lounge Santa Monica CA

Documento-ORO per i cultori del primo, glorioso Kozelek, che fotografa i RHP dal vivo in un club, presumo abbastanza piccolo e con pochissimi spettatori le cui singole voci si sentono distintamente (ma che si mantengono devotamente silenziosi durante le esecuzioni, e ci credo). Non ricordo di aver mai notato in giro altri bootleg del quadriennio 92-95, e se qualcuno ne fosse al corrente dell'esistenza sarebbe graditissimo un fischio.
La registrazione tutto sommato è decente ed il set è lunghissimo, 2 ore e mezza di magia assoluta con un attitudine alla dilatazione che per me è assolutamente inaspettata. Appaiono così versioni opulente di Evil, 24, River, Make like paper che oltrepassano il quarto d'ora, ma in generale un po' tutti i pezzi sono decisamente più lunghi degli originali ed alcuni contengono improvvisazioni in libertà. Evil ad esempio inizia con delle sferzate elettriche tempestose quasi doom, Katy song velocizza il finale in modo inusitato, River contiene un assolo alla slide quasi psichedelico; Grace cathedral park cantata a cappella chiude il mini set da solo di Kozelek.
Tutti piccoli dettagli per i fanatici come me, che per RHP ho pressochè finito le parole da svariati anni.

sabato 21 settembre 2013

Tom Recchion - LAFMS The Lowest Form Of Music (1996)

Nello stesso anno in cui uscì Chaotica Recchion diede via libera ad altri cassetti del decennio precedente, questa volta come parte integrante di un cofanetto di 10 cd relativo alla Los Angeles Free Music Society, ironicamente intitolato The Lowest Form Of Music.
Finalmente il mondo era pronto per accogliere nell'aria queste incantevoli musiche; non ci sono informazioni tecniche al riguardo di ciò che Recchion suoni fisicamente oltre ai suoi strumenti artigianali quantomeno bizzarri: il secondo pezzo in scaletta si chiama proprio Music for homemade instrument ed è un assortimento di percussioni scabre e presumo uno degli archi che si vede sopra, l'ultima traccia si chiama The real strungaphone ed è ottenebrante dark-ambient industriale. Sono comunque episodi marginali, visto che la quasi totalità del cd verte nuovamente sulla spettacolare library-exotica-cut & paste di Chaotica, e se possibile ancor più riuscita. 
Per citare solo le vette; assolutamente meravigliose sono le impressionistiche vignette di Martin Danny in Spain, Untitled, Herself a cocoon, The little green thing, ma ce n'è per tutti i versanti, dall'umoristico all'accademico, dal jazz delle big-band al cabaret.
Geniale e lungimirante; il mio caro Aidan Moffat in veste Lucky Pierre gli deve praticamente tutto.

Tom Recchion - Chaotica (1996)

E' un vero piacere per me conoscere questo artista a tutto tondo, sconosciutissmo ai più ma davvero sorprendente e meritevole di attenzione. Inizia negli anni '70 come agitatore della scena sperimentale di Los Angeles (batterista di quei folli scatenati degli Airway), negli '80 si inventa grafico di successo, art director e si dedica persino al cinema.
Parallelamente però Recchion non ha mai smesso con la musica ed ha continuato, seppur con parsimonia, ad incidere in solitudine. Chaotica è stato pubblicato nel 1996 ma si tratta di materiale risalente ad un decennio prima, ed è un fantastico lavoro di collagistica / manipolazione che lo pone come autentico antesignano di nomi per me altisonanti come Lucky Pierre e Caretaker; rimarchevole la constatazione che il tutto venne realizzato senza computer. Gran parte di esso verte su una lounge-exotica strumentale di stampo librarystico, le cui fonti probabilmente provengono dagli anni '50/60: quasi sempre dissacrante e molto, molto divertente. La parte centrale invece sterza bruscamente verso ombrose divagazioni in stile Nurse With Wound ed una ambient finissima di alto rango (in A complex shape in the sky sembra di sentire Basinski) ed ispirazione.
Da scoprire ed approfondire.

venerdì 20 settembre 2013

Random Hold - The View From Here (1980)

Premessa personale: mi sarei un po' stufato di ascoltare dischi quasi a random basandomi su letture ed opinioni per poi ricavarne boccate di bah e il solito pensiero la musica è bella perchè ognuno la pensa a modo suo. Poi però la mia tossicità di perenne ricerca di perle nascoste ha sempre il sopravvento e così ecco un altro bah, per questa meteora inglese dell'epoca new-wave. Le premesse sarebbero state anche incoraggianti: la presenza del bassista McCormick (ex-Matching Mole), la produzione da parte di Peter Hammill, la congiuntura spazio-temporale. E per fortuna che si parla di promessa mancata: pop-wave opaco con tanto synth e molto poco mordente, che non vale neanche un centesimo dei Magazine in termini di fantasia ed estro, che a tratti si fa bowiano (e non intendo elargire complimenti in tal senso) o petergabrieliano, ma senza alcun carisma e con un cantante davvero scarso.
E con loro Peter Hammill ci litigò pure, durante la produzione.

giovedì 19 settembre 2013

Rake - The Art Ensemble of Rake - The Tell-Tale Moog (1995)

Due ore e venti minuti di alienazione totale, di gratuità non-sense, di come mettere una buona tecnica e padronanza degli strumenti al servizio dell'illogicità; i Rake volevano sconvolgere l'ascoltatore, suonare tutt'altro che banali e ci riuscirono. E se la risero alla grande.
Io mi sono fidato della stampa di settore e non ho ascoltato altro del trio virginiano, perchè pare che oltre questo doppio non ci sia molto altro di esemplare, ed in ogni caso dopo un'esperienza del genere non è che si possa chiedere di più.
Il primo disco contiene essenzialmente 4 lunghi pezzi (fra gli 8 e i 23 minuti), jams deliranti di psycho-jazz-noise-space, senza un'architettura apparente, con la sezione ritmica ed il clarinetto in evidenza (Klang Co.), ma anche con elucubrazioni infinite di synth rumoristico (Remote sensing), dialoghi cubisti fra chitarra e basso (Helio-moog), e misticismi sfiaccati (Quadrablenders).
Discorso opposto per The Tell-tale moog, spaccato in 75 tracce da un preciso minuto cadauna. Le origini del gruppo risalivano all'hardcore più intransigente ed una buona parte, mi verrebbe da dire registrata dal vivo, verte su sorprendenti sfuriate in linea diretta con i primi anni '80 californiani, che di sicuro non mi sarei aspettato visto cos'era successo precedentemente. Ma alla lunga la vena scherzosa di questi mattacchioni riprende il sopravvento e così i deliri incessanti ritornano, ancor più psicopatici di prima.
Ed il divertimento è assicurato.

mercoledì 18 settembre 2013

Raison D'Etre - Enthraled By The Wind Of Lonelienes (1994)

Da oltre 20 anni lo svedese Anderson è uno dei massimi nomi di punta della Cold Meat Industry, e non soltanto perchè gioca in casa; oltre ad essere un progetto di lunga durata, Raison D'Etre significa più di chiunque altro il senso austero (e per certi versi orrorifico) del medioevo trasferito ai giorni nostri.
Si eviti perciò la semplicistica collocazione dark-ambient o industrial, giacchè nelle sue sculture multicolour ci sono così tante sfumature di gotico che perdercisi dentro è un attimo. Dai canti gregoriani alle mini-sinfonie enfatiche, dai clangori metallici ai flauti etnici, dai bordoni esoterici ai cunicoli più reconditi, senza fare neanche una piega, Anderson si è dimostrato un ispirato compositore dell'oscurità: questo suo secondo album è un trip senza meta che incute timore e reverenza, portandosi addosso i suoi quasi 20 anni più che egregiamente.

martedì 17 settembre 2013

Raime - Quarter Turns Over A Living Line (2012)

Elettro-acustica oscura ed inquietante per il debutto sulla lunga distanza del duo londinese, che trova una via abbastanza originale all'industrial più meditato degli anni '80 e alla dark-ambient sfuggendo entrambe le catalogazioni con una abilità non indifferente. Isolazionismo, si sarebbe detto più di un decennio fa, ma vivo e pulsante anche  per via delle sorde percussioni che ammantano un po' tutto il disco.
Davvero degne di attenzione tracce come The last foundry e The drimming of road and rights, che esemplificano perfettamente il Raime-sound: battito indefesso ed irregolare, glitches sparsi, synth profondissimi e qualche sample in sottofondo. Nulla di copernicano, certo, ma che catalizza l'ascolto quanto basta. Magari, in un prossimo disco, un po' più di dinamismo sarebbe augurabile.

lunedì 16 settembre 2013

Radian - Juxtaposition (2004)

Trio viennese, qui alla seconda prova su Thrill Jockey, con la produzione di McEntire, autore di un post-rock ispido e poco focalizzabile. Una sorta di Tortoise cupi ed introspettivi, oppure un richiamo di sobrietà alla memoria di quella grande meteora che furono i Rome, con qualche sprazzo di sonorità (non tecnica) jazzate.
Le tracce più ritmate funzionano molto bene (Rapid eye movement, Tester), anche perchè contribuiscono ad agitare le acque generalmente sonnecchianti del disco, pur con tutto il suo fascino notturno (Vertigo, Ontario, Nord). In generale l'assieme appare molto ben amalgamato ed unitario, per un sottofondo rilassante e senza tanti scossoni creativi.

domenica 15 settembre 2013

Rachel's - Systems-Layers (2003)

La prematura scomparsa di Jason Noble, avvenuta un anno fa, mi aveva riportato alla memoria il collettivo da lui fondato Rachel's. Ai tempi di The sea and the bells, aveva una risonanza quanto mai insolita per un ensemble da camera, ma ebbe il merito anche di introdurre ai fans della scena louisvilliana e dintorni una musicalità così antica e nobile, e soprattutto così tanto distante dal rock.
Il pretesto di Systems/Layers è quello di una rappresentazione teatrale, ed è rimasto l'ultimo album pubblicato. Si tratta di un ora molto eterogenea, come prevedibile quando lo spettacolo detta i propri ritmi, eppure ne riuscirono a ricavare un lavoro ricco di fascino e spesso esente da quella seriosità formale che (mi) impediva l'affetto ai primi lavori. Per di più, la frammentarietà e l'ecletticità davano linfa vitale a strane creazioni che potevano far presagire un punto di svolta (l'uso della batteria, un paio di tracce cantate, punti interrogativi come Unclear channel, contaminazioni elettroniche in Reflective surfaces e Singing bridge), ma la storia finì qui. 
Di lì a poco i Balmorhea si formarono e fecero oro di questi insegnamenti.

venerdì 13 settembre 2013

Raccoo-oo-oon - Behold Secret Kingdom (2007)

Forse non mi stancherò mai di decantare le imprese acide dei Raccoo-oo-oon, gli alfieri dell'avant-psych degli anni zero. Ognuno dei 4 dischi principali pubblicati (escludendo così split e la serie Mythos folkways) è stato protagonista di assemblaggi allucinati che hanno fatto tesoro delle influenze storiche.
BSK lo definirei come un particolare incrocio fra i Can di Aumgn (si ascoltino le voci deformate e la follia dell'impianto), i Chrome di Abstract Nympho, gli Hawkwind più degenerati, quelli dei live per intendersi, ed i primi Gravitar. La sublimazione del tutto fa capo a Fangs and arrow, probabilmente il pezzo più rappresentativo della loro carriera.
Però, però, con qualcosa in più, perchè erano trascinanti e implacabili. Fecero bene a sciogliersi, prima di infilare una china discendente.

giovedì 12 settembre 2013

Quicksilver Messenger Service - Shady Grove (1970)

Lo so, è un po' ingeneroso definire Shady Grove un colpo di spugna alle imprese mirabolanti di appena un anno prima con Happy Trails. Per essere un po' obiettivi, si potrebbe dire che i QMS vedevano esplodere il successo di amici e/o concittadini e cercavano di rifarsi del tempo perduto a metà del decennio, quando si rifiutavano di entrare in uno studio, ma paradossalmente il mondo restò sempre più indifferente man mano che il loro suono diventava più ammiccante.
L'ingombrante presenza del pianista session-man Hopkins toglie quasi i riflettori dal grande Cipollina, e questo è già tutto un dire. Tuttavia, la sua Edward the mad shirt grinder chiude il disco con uno strumentale ispirato ed articolato (quasi prog) e forse è il pezzo che si fa più ricordare perchè il resto non è memorabile, a parte la pastoralissima Flute song, altro grande paradosso per una band che l'anno prima incendiava ed allora si barcamenava con un blues-rock accattivante e poco incisivo.

mercoledì 11 settembre 2013

Putiferio - Lov Lov Lov (2012)

C'è ancora vita oltre l'hardcore, anche se probabilmente il suo post oggi è uno dei generi meno in auge in assoluto. Lo dimostrano i padovani Putiferio, che cercano e riescono a svicolare abbastanza per le loro vie, con questo LLL drammatico ed incalzante, ricco di sincopi e dinamismo spericolato, che non disdegna di certo attacchi frontali come nella miglior tradizione ma che riserva anche qualche sorpresa rilevante.
Non passa inosservata la preparazione tecnica degli elementi; le chitarre si incrociano micidiali ed il batterista merita una menzione speciale.
Così come la meritano alcuni pezzi che impressionano più degli altri in virtù di spunti autorevoli: Loss loss loss celebra un'atmosfera lugubre fatta di stasi ambientali, battiti elettronici spettrali, rigurgiti che inquietanti è dir poco.
Sono i due pezzi più lunghi a svettare: Hopilectic si inerpica sui suoi schemi fino a diventare caotica free-form, con stilettate di violino imprendibili; esplosione e ri-emersione dolente di un arrendevolezza commovente. True evil black medal parte in sordina, sbilenca, cresce fino a diventare parossistica, si stoppa: restano un drone atmosferico e svisate ipnotiche di violino. Da brividi.

martedì 10 settembre 2013

Purr - Whales lead to the deep sea (1997)

Il debutto dei francesi Purr fu pubblicato in contemporanea al capolavoro degli Heliogabale e fu allora che iniziai a chiedermi se oltralpe ci fosse una scena post-hardcore-noise interessante. Non andò così perchè la label parigina Prohibited non realizzò molto altro di risonanza internazionale, a parte il gruppo di Thiphaine.
Nel 1997 certe sonorità erano comunque ancora abbastanza interessanti; caratteristica principale dei Purr una nevrotica impostazione post-hardcore con trame chitarristiche esplicitamente rimembranti gli Slint e i Rodan. In poche parole ciò che allora si definiva post-rock, con buona pace dei fans dei Tortoise che ne reclamavano la paternità artistica. Qualche buon spunto (Better) si eleva sopra una media di atmosfere un po' piatte, si sentiva la preparazione dei ragazzi ma siamo poco sopra l'anonimato.

lunedì 9 settembre 2013

Purling Hiss - Untitled (2009)

E' sempre intrigante quando uno dei tuoi punti di riferimento critico ti sorprende, in qualsiasi direzione. Il buon PS ha esaltato questo disco assestandogli un imperioso 8, e ci sono rimasto un po' di stucco.
Purling Hiss è un old-fashioned power-trio di Philadelphia che cavalca una tigre nutrita a base di garage infiammabile discendente in diretta dagli Stooges, con velleità chitarristiche alla Hendrix ed una registrazione non lo-fi, ma di più.
Ed il talento? Per chi ama ancora questi suoni, è un baccanale godurioso di distorsioni megagalattiche, ma la fantasia regna altrove. C'è modo e modo di tributare, e i PH buttano lì 3 mattoni che si dilungano oltre misura, un po' noiosetti, in cui si evince che il chitarrista avrebbe bisogno di un esorcismo (nel senso ironico, chè senz'altro è molto bravo, ma un limitatore non avrebbe guastato).
Alla fine interessano quasi più le altre 3 tracce, che durano un minuto e mezzo e perlomeno danno tregua con piccole varianti. Ok che è questione attitudinale, ma su questi registri ho sentito di molto meglio.

domenica 8 settembre 2013

Public Image Ltd - Metal Box (1979)

Sbam. Possiedo ancora la versione cd, quella del 1996. La scatola circolare ha fatto un po' di ruggine, e quel cd che si estrae a malapena dalla parte inferiore se ne sta chiuso lì dentro da almeno 10 anni, tamponato dal supporto in gommapiuma ed il cartoncino con i credits che dopo poco tempo aveva già fatto le orecchie sugli angoli.
Ho ascoltato talmente tante volte questo colosso che oggi mi ha quasi irritato; è andata a finire che col passare degli anni ho privilegiato le abrasioni più dirette di First Issue, ma il pugno nello stomaco che aziona Metal Box fa sempre male. Sarà stata la coincidenza astrale di 3 giovani uno più folle dell'altro; Levene nella stratosfera creativa, Lydon che salmodia posseduto e Wobble indefesso, ad incrociare i destini e a crescere inesorabilmente con la tecnica.
Divoro per l'ennesima volta questo delirio nichilistico, ricordo con affetto lo sconvolgimento che mi procurò ai primi ascolti, annullo l'irritazione affettiva e ri-chiudo la scatola. 
Sbam.

sabato 7 settembre 2013

Psychedelic Horseshit - Magic Flowers Droned (2007)

Garage-pop sballato, sgraziato, grezzo, realizzato con voluto senso di demenza; registrazione in pessima fedeltà, chitarre scordate, organini saturi e fuzzati, batteria come fustini di latta, voce beffarda che imita spesso Mark E. Smith.
E una serie di trovate psichedeliche che sono posizionate strategicamente più per choccare che per effettivo allineamento e/o ispirazione, sarà anche a causa del nome del gruppo (geniale nella sua programmaticità).
A parte quest'antifona, ciò che emerge da Magic Flowers droned è una trafila di pezzetti sfatti ma accattivanti, il che aiuta a trovare una linearità di tale guazzabuglio. Al contrario dei Times New Viking, infatti, qui sotto la demotivante scorza lavica si trova un piccolo talento melodico non banale. 
E comunque New wave hippies è memorabile.

venerdì 6 settembre 2013

Psi-Com - Psi-Com (1985)

Di quella corrente chiamata trance californiana, che devo senz'altro approfondire (meglio tardi che mai, no?) beatifico regolarmente i Red Temple Spirits, apprezzo i primi Savage Republic e resto abbastanza indifferente agli Shiva Burlesque. Nient'altro, e allora gli Psi-Com? Ci rientrano dentro o no?
Non direi. Comprai questo cd/ep durante gli anni '90 e oggi, ascoltandolo dopo parecchi anni, lo ritrovo fascinoso quasi come la prima volta. Trattando l'esistenza di Farrell come di un cantante qualunque (e peraltro il suo stile vocale sarebbe stato più avvincente nei Jane's Addiction, chè qui se ne stava più basso possibile), si trattava di un post-punk abbastanza scevro da goticismi, asciutto quanto basta e con un chitarrista molto efficace nelle sue trame in b/n. L'influenza dei Joy Division aleggia un po' ovunque, ma fra le 5 tracce va senz'altro citato il climax di City of 9 gates, davvero memorabile.

giovedì 5 settembre 2013

Prurient - Bermuda Drain (2011)

L'urlo belluino in apertura sembra voler volontariamente aprire una trappola, perchè in realtà questo (ennesimèrrimo) disco per Ferlow ha significato un'apertura drastica a materiali musicali: una specie di ribaltone ipna-core, con tanto di fasi ambient e synth residuati di chiara epoca eighties (la title-track è clamorosa e lampante).
I ritmoni digitali di A meal can be made e There are still secrets aprono ad inediti scenari di industrial-wave, dal sentore quasi gotico: non sono uno stretto intenditore di questa corrente ma l'influenza dei primi Ministry è più che tangibile (canto isterico a parte).
Non trattando materia nuovissima, incuriosiscono di più le tracce riflessive e fascinose come Myth of sex, Sugar cane chapel e Palm tree corpse in cui non sembra davvero di avere a che fare con il rumorista selvaggio che si è soliti, ehm, ascoltare.

mercoledì 4 settembre 2013

Primus - Suck On This (1989)

Strani animali, i Primus all'inizio: quanti gruppi hanno debuttato con un album dal vivo? E quanta virulenza esce da Suck on this?
Drammaticamente convulsivo, lanciafiamme isterico, suonato da un power-trio già al vertice delle sue possibilità; c'è da ammettere che il lato sardonico ed umoristico che già col successivo uscì allo scoperto qui è praticamente assente (Tommy the cat è senz'altro più divertente nella versione in studio, e Pressman è un capolavoro di angoscia), ma come esimersi dall'evidenziare la creatività dirompente, la tecnica non ancora troppo vanesia e l'assoluta unicità?
Pirotecnia allo stato puro.

martedì 3 settembre 2013

Presence - Inside (1993)

Serie provateci ancora. Il buon fondatore della Cura, svegliatosi dopo un ubriacatura (effettiva, nel senso di sbronza) durata probabilmente un paio d'anni continuativi, trovatosi fuori dalla mischia, pensò di tentare l'avventura tirando fuori dalla naftalina l'ex-roadie Gary Biddles, addirittura al secondo progetto di fuoriusciti dalla monarchia di Ciccio Smith dopo la fugace esperienza Fools Dance, e con l'iniziale contributo di Dempsey che però si chiamò fuori dalla mischia ancor prima di apparire in pubblico (fiutato qualcosa?).
La simpatia e l'affetto per il personaggio non riescono però a nascondere l'evanescenza di Inside, che tentava di propinare un pop-wave senza particolari sussulti nonostante la bontà dei gregari in dotazione. Lungi da me fare paragoni scomodi, anche perchè se ne tennero fuori il giusto (semmai assomigliavano più a gruppi pseudo-dance-rock inglesi contemporanei), ma si può passare oltre. 
Un Rest in peace a Biddles, scomparso pochi mesi fa.

lunedì 2 settembre 2013

Prescriptions - Psychedelicatessen (1993)

Adoro pescare certi piccoli reperti dal nulla, specialmente se fu Planet Rock a propormeli 20 anni fa come avvenne  per questo gruppo inglese: quasi zero info in rete, solo un paio di accenni, e soltanto questo mini album per la ultra-indie etichetta Target, di Brighton.
Ovviamente, nessuno si è perso niente; i Prescriptions erano una delle tante freak-bands che nella prima metà degli anni '90 si dedicavano al recupero della psichedelia, e loro indugiavano sul lato più smaccatamente pop e sessantiano fino al midollo. Una vasta gamma strumentistica caratterizza le gradevoli canzoncine; mellotron, flauti, sitar e qualsiasi altra cosa potesse ricordare la stagione del libero amore viene dispiegata in ogni direzione. Inoltre, reminescenze del Barrett più effervescente fanno capolino in qua e in là.
E se non altro, una perlina come Skysail si fa ricordare con piacere.

domenica 1 settembre 2013

Pram - Helium (1994)

Fantasioso e atipico gruppo inglese che a metà anni '90 ammodernava l'art-rock dadaista ai tempi dell'elettronica e delle ritmiche in voga. Le intenzioni di partenza erano le stesse dei grandi Long Fin Killie, l'approdo era un suono gentilmente schizofrenico che aveva punti in comune con gli Stereolab, ma che li faceva a pezzi per manifesta superiorità creativa.
Tali punti erano senz'altro il farfisa e la voce femminile, tratti che servivano soltanto come presentazione immediata: Helium era un disincantato showcase anche della bravura tecnica dell'elastica sezione ritmica e mostrava un lavoro di cesello agli arrangiamenti di tutto rispetto (belli gli interventi dei fiati, disturbanti e stridenti i numerosissimi samples piazzati).
Da riscoprire.