Lo so, è un po' ingeneroso definire Shady Grove un colpo di spugna alle imprese mirabolanti di appena un anno prima con Happy Trails. Per essere un po' obiettivi, si potrebbe dire che i QMS vedevano esplodere il successo di amici e/o concittadini e cercavano di rifarsi del tempo perduto a metà del decennio, quando si rifiutavano di entrare in uno studio, ma paradossalmente il mondo restò sempre più indifferente man mano che il loro suono diventava più ammiccante.
L'ingombrante presenza del pianista session-man Hopkins toglie quasi i riflettori dal grande Cipollina, e questo è già tutto un dire. Tuttavia, la sua Edward the mad shirt grinder chiude il disco con uno strumentale ispirato ed articolato (quasi prog) e forse è il pezzo che si fa più ricordare perchè il resto non è memorabile, a parte la pastoralissima Flute song, altro grande paradosso per una band che l'anno prima incendiava ed allora si barcamenava con un blues-rock accattivante e poco incisivo.
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