E a proposito di delicatezze, i Cleric, autori di uno dei più audaci esperimenti in campo metal degli ultimi anni. Da non confondere con ben due omonimi (un solista techno e addirittura un'altra band americana di death-metal canonico), il quartetto non ha ancora dato un seguito a questo pauroso e lunghissimo tour de force, il che fa pensare: cos'altro potrebbero aggiungere ad uno sforzo così disumano che non hanno già espresso?
Durante gli 80 minuti di Regressions, non si fa in tempo a catalogare qualcosa che subito dopo accade l'imprevisto: black sinfonico alla Gnaw Their Tongues, pathos epico imponente alla Neurosis, stacchi math-core, acrobazie alt-psych alla Mars Volta, girandole costipate alla King Crimson, scorci panoramici di stampo epic-instru, riprese alla Isis; tutto ciò mi ha portato ad elaborare la parola magica: prog!
Il tutto, inevitabilmente, eseguito con una tecnica strumentale terrificante, e come per miracolo senza neanche l'ombra di autoindulgenza o narcisismi.
Quando, ormai stremati, si arriva verso il termine del disco, l'urlo disumano di & introduce la chiusura di The fiberglass cheesecake, che dopo l'ennesima sfuriata all'improvviso sfuma in una tenue e malinconica sonata per solo piano. E' la quiete dopo la tempesta, una trovata semplice ma geniale, che non fa altro che accrescere il valore del disco.
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