Chitarrista milanese in attività da oltre un decennio, facente parte di una generazione di artisti borderline / sperimentali che fanno una fatica non indifferente a sbarcare il lunario, che gironzolano fra le etichette di settore, che riescono persino a farsi notare anche oltreoceano, che come lo stesso dichiara in un intervista "a volte si trovano costretti ad elemosinare date".
Partito da un cantautorato piuttosto atipico ma poi rapidamente passato all'elettronica, con il transitorio From the desert... Ratti riuscì a farsi stampare da un etichetta statunitense, e realizzò un piccolo gioiello di musica spettrale, fantasmatica. La sua chitarra tesse trame gentili col timbro squillante sugli alti, molto pulita e penetrante, con quel suono distante che sembra provenire dalla stanza accanto. Attorno ad essa suoni sparsi, quasi dettagli che raramente prendono il sopravvento: un piano accennato, una tuba, qualche suono concreto, spazzole, un bongo, qualche glitch, un bordone di feedback appena udibile, campanelli, altro. Un filo di voce fa capolino in qua e in là.
In pratica è la scarnificazione estrema dei Talk Talk di Laughing Stock, ma con un approccio meno emotivo, quasi distaccato. Immerso in un contesto profondo, il disco avvolge e sa donare una manciata di episodi splendenti come questo pezzo:
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