venerdì 17 dicembre 2010

King Crimson - Red (1974)

Che strana combinazione di eventi, Red. Nato da una situazione di precarietà estrema, esce quando i KC di fatto sono già sciolti. La sua realizzazione avviene con un Fripp sfiduciato e stanco, che delega come mai aveva fatto in passato. Wetton e Bruford perciò prendono in mano la baracca, Cross aveva appena abbandonato e che cosa succede? Ne consegue il disco migliore di tutta la carriera, insieme ovviamente al primo storico. Due apici lontani anni luce, e pensare che erano passati appena 5 anni e i KC (anzi, Fripp) avevano vissuto molto velocemente.
Innanzitutto, la title-track, un mostro tentacolare, un apertura shock. Un violento strumentale ricco di tempi dispari (courtesy un Bruford stratosferico) e bombardamenti chitarristici che di fatto inventa il rock matematico, che influenzerà non poco un istituzione degli anni '90 come i Don Caballero. La drammatica Fallen angel è principalmente farina del sacco di Wetton, che impone le sue eleganti linee vocali e il basso legnoso, e si fregia anche di ospiti di lusso come Charig e Miller ai fiati. Un altra intro granitica alla Red presenta One more red nightmare, che include invece il grande ex McDonald con un assolo di sax ed è forte di una struttura avvincente e progressioni armoniche da brividi. E' quasi paradossale che Fripp abbia la consapevolezza di non avere nulla da perdere, e sfodera comunque l'ennesima prova fenomenale.
Providence è un live di qualche mese prima, che quindi comprendeva anche Cross ed è avanguardia pura, una specie di free-jazz in crescendo, che disorienta e minaccia.
Il mellotron e l'enfasi cosmica dell'inizio di Starless fanno pensare ad una nuova Epitaph, con la differenza della robusta voce di Wetton, fino a quando la fase ostica non prende il sopravvento. Un'altro dei momenti topici di tutta l'opera del KC, i secondi 6 minuti del pezzo sono un escursione ossessiva per i deliqui di Fripp, la ritmica pesante ed un altro recupero, il sax del sempre impeccabile Collins.
Un finale tragico e solenne, che chiude in grandezza il circolo della prima fase. Red è un capolavoro che a quasi 40 anni dalla sua genesi appare sempre attuale e decisivo negli sviluppi futuri.

4 commenti:

  1. Che gruppo e disco! Tra i cult io metto anche Island.

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  2. ciao webba..bella recensione..red è il mio preferito dopo discipline,il disco della grande conversione..

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  3. Discone, inventò sul serio gran parte del post e math-rock a venire O_O

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