Così come Armando Sciascia si fece il gruppo rock con quel gioiellino che fu Distortion, lo stesso fece Alessandro Alessandroni in combutta con Oronzo De Filippi, coautore di questo primo episodio a nome Braen's Machine. Ma a differenza del violinista abruzzese che mantenne l'anonimato anche degli esecutori, qui il chitarrista romano scese in campo alla testa di un quartetto di jazzisti, armato di sei-corde ultra-elettrica, in veste di guitar hero scatenato, con uno stile curiosamente affine a Michael Karoli dei Can.
Il disco manco a dirlo è una goduria, una sorta di hard-library sorniona e sgusciante, una specie di lounge-core didascalica ed esaltante, con i 3 musicisti a supporto non meno invasati di Fischio, (sezione ritmica a dir poco superba), come se il Gruppo Di Improvvisazione Nuova Consonanza si fosse messo in testa di lasciar perdere l'avanguardia e si dedicasse alla sonorizzazione pura e tradizionale. Nove temi saltellanti su cui si mormora abbia messo le mani anche Piero Umiliani, di sottofondo lussuoso ed urticante eleganza.
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