C'è stato un periodo, fra il 2002 ed il 2005, in cui Amundson era una colossale promessa del cantautorato. Le tele fragilissime dell'esordio rivelarono un talento intimista forse ancora acerbo ma con un potenziale enorme. Il terzo album, con la benvenuta crescita di arrangiamenti, non fu il capolavoro che ci si poteva aspettare ma segnava comunque una transizione. Nel mezzo, Debridement documenta fedelmente il passaggio incessante di flussi di coscienza agrodolci, ancora pressochè acustico, col fantasma di Nick Drake in vista e le orme di Mark Kozelek fresche fresche sul sentiero.
Il ragazzo purtroppo non ha rispettato le promesse; dopo You are my home, un lungo silenzio e poi solo dischi deludenti. Non è riuscito ad ergersi su un piedistallo importante, non è diventato un prode titano, ma quel trittico iniziale di nudità dell'anima non me lo scorderò facilmente. Non erano capolavori, ma espressioni di un umanità sconcertante.
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