giovedì 26 maggio 2011

Second Layer - World Of Rubber (1981)

Soltanto di recente, leggendo la monografia di Bertoni su Blow Up, sono venuto a conoscenza del fatto che fra il primo e il secondo dei Sound il leader Borland e il bassista Bailey realizzarono un disco a nome Second Layer. Ed è stata una scoperta davvero piacevole, perchè quando ormai si pensa di aver conosciuto tutti i fondamentali della new-wave inglese capita sottomano un ripescaggio che fa riflettere.
In effetti, il talento di Borland è sempre stato di dominio pubblico (per modo di dire, vista l'inspiegabile nicchia da cui i Sound non riuscirono mai ad uscire) ma questo suo contraltare così bizzarro e sfuggente non me lo aspettavo proprio. World of rubber non è certo album d'avanguardia o chissà quale sperimentazione; resta in un area ben circoscritta tipica di quegli anni, seppur penalizzato da una produzione (non so quanto volutamente) piuttosto scarsa. Semmai piace perchè sfugge seriamente il Sound-sound, galleggia in acque torbide, si perde in nebbie fittissime, disorienta, con l'ausilio di una primitiva drum-machine e un attitudine spiazzante.
Borland sembra il fantasma del vigoroso-melodico waver: il suo canto è basso e pigro, spesso atonale; la sua elettrica è altrettanto diversa, spingendo sul dissonante/distorto fino a seminare il panico. Le bass-line ipnotiche ed ossessive (per quanto elementari) di Bailey sono le spine dorsali su cui montare tutto il teatrino sperimentale. Qualche effetto elettronico, qualche nastro al contrario, pochi mezzi ma tante idee da immagazzinare in questo divertissment.
In più di un titolo sembra aleggiare l'influenza dei PIL dell'immenso Metal Box, con l'ovvia differenza della voce, nonchè un perenne senso di angoscia opprimente. Sembra quasi che in questa sede Borland stesse dando sfogo a quelle pulsioni sotterranee-depressive che finiranno per portarselo via dal pianeta, mentre sotto al sole cercava il successo con i Sound.
Il coinvolgimento è assicurato in molteplici strati. Solo per citare il minimo sindacale degli episodi, direi la caracollante Zero per quanto riguarda l'aspetto più convenzionale, Japanese headset per lo choc agghiacciante, Black Flowers per la sua minimale estasi letargica.
Un nuovo pretesto per rendere omaggio alla memoria del povero Adrian.

3 commenti:

  1. Grazie per il post.Non conoscevo questo progetto di Borland.

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  2. Piuttosto ringraziamo Bertoni di BU che nella sua esaustiva scheda mi ha solleticato la curiosità di ascoltarlo (gli ha piazzato un 9 secco!)

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  3. L'articolo di Blow Up me lo sono perso, grazie a te per averlo ricordato in questo post :).

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