Ed ecco la serata della commozione.
Con colpevolissimo ritardo domenica sera ho finalmente potuto vedere per la prima volta uno dei miei monumenti in musica, quello che ha prodotto il mio disco n. 1 del decennio zero, quel The earth is not a cold dead place che non finisce mai di emozionarmi, anche al millesimo ascolto.
Confesso di aver assistito al concerto in preda ad uno stato di trance estatica, sintonizzato su una dimensione parallela in cui tutto il mondo circostante scompariva. C'erano solo gli Explosions, il palco e i loro scenari immagignifici.
Con colpevolissimo ritardo domenica sera ho finalmente potuto vedere per la prima volta uno dei miei monumenti in musica, quello che ha prodotto il mio disco n. 1 del decennio zero, quel The earth is not a cold dead place che non finisce mai di emozionarmi, anche al millesimo ascolto.
Confesso di aver assistito al concerto in preda ad uno stato di trance estatica, sintonizzato su una dimensione parallela in cui tutto il mondo circostante scompariva. C'erano solo gli Explosions, il palco e i loro scenari immagignifici.
A fare da supporto c'è quel gran visionario di Bob Lowe aka Lichens, che stende i suoi tappeti e propina uno dei suoi trips metafisici-levitanti. A differenza di quando lo vidi un anno e mezzo fa prima degli Om, in cui i loops partivano da arpeggi di chitarra, questa volta genera le sue spirali con elettronica analogica e poi vocalizza rapito, a modo suo, fino a che le sovrapposizioni hanno saturato l'ambiente. Una mezz'oretta che probabilmente non tutti avranno gradito, ma d'altra parte Lowe va preso così com'è.
Pochi minuti e i nostri idoli salgono sul palco, in punta di piedi, con fare semplice. Rayani va al microfono e proclama la sua presentazione in italiano, ben preparata e senza incespicare. Pochi secondi e attaccano Yasmin the light. La magia può iniziare.
Ai quattro si aggiunge, defilato di fianco alla batteria, un bassista dall'aspetto vagamente metal-tamarro, con barba e capello lungo, che suona in una buona metà del set per permettere libertà maggiore a James con la ritmica alla sei corde.
Ai quattro si aggiunge, defilato di fianco alla batteria, un bassista dall'aspetto vagamente metal-tamarro, con barba e capello lungo, che suona in una buona metà del set per permettere libertà maggiore a James con la ritmica alla sei corde.
La concentrazione richiesta dalle esecuzioni non trascura l'effetto coinvolgente dei ragazzi, che nei frangenti più fragorosi diventano quasi aggressivi e very very loud. James sta a centro palco e suda come una fontana, l'energia delle sue pennate frenetiche fa quasi impressione, fino a fargli sganciare la cinghia di sostegno nel bel mezzo di Catastrophe and the cure.
Rayani, al lato destro, è un moto perpetuo in circolo. La sua Strato oscilla spesso a pochi centimetri da terra, e lui è veramente rapito nello snocciolare le parti più enfatiche, fatte di genuinità, splendore e candore emotivo.
Rayani, al lato destro, è un moto perpetuo in circolo. La sua Strato oscilla spesso a pochi centimetri da terra, e lui è veramente rapito nello snocciolare le parti più enfatiche, fatte di genuinità, splendore e candore emotivo.
Smith è il più compassato della prima fila, fermo e concentratissimo sul manico, a lavorare di cesello, sulle note più alte, a scalpellare di fino sulle frequenze più cerebrali.
Sullo sfondo, un lontano Hrasky siede a fare il guardiano del parco protetto, della riserva mondiale dell'epic-instru e dei suoi pionieri.
La scaletta pesca egualmente dal 2° al 4° album con due estratti e tre dall'ultimo. Le meraviglie scorrono in soluzione continua, e perdo la concezione del tempo. Da quello che io simpaticamente definisco il disco del secolo, tirano fuori l'epocale Your hand in mine (detentore del primo ed unico clip musicale a farmi commuovere seriamente), e quella The only moment we were alone che di recente è stata promossa dalla Findus per la pubblicità dei pisellini primavera e dei bastoncini di pesce (ah, che primizia immeritata per il pubblico italiano, ma almeno un po' di royalties in cassa per loro...)
Potevo immaginare che ci volesse così tanta energia e concentrazione per gli Explosions, ma alla fine, dopo Let me back in, i paladini lasciano il palco per non tornare più.
Di fronte al richiamo insistente del pubblico, Rayani ricompare e con uno sguardo che cerca comprensione candidamente dichiara che non ne hanno più.
Non me ne dispiaccio, anzi condivido. Gli Explosions sono un gruppo unico, un bel bis sarebbe stato apprezzato ma come dimenticare le secchiate di sudore che sprizzava James, i suoi sguardi stravolti, la dedizione immensa sugli strumenti, la generosità?
Abbandoniamo l'Estragon. C'era chi voleva First breath after coma, chi Six days at the bottom of the ocean, la mia speranza segretissima era The long spring ma onestamente non si poteva chiedere di più da parte di chi ha cura, ha cura, ha cura infinita....
Sullo sfondo, un lontano Hrasky siede a fare il guardiano del parco protetto, della riserva mondiale dell'epic-instru e dei suoi pionieri.
La scaletta pesca egualmente dal 2° al 4° album con due estratti e tre dall'ultimo. Le meraviglie scorrono in soluzione continua, e perdo la concezione del tempo. Da quello che io simpaticamente definisco il disco del secolo, tirano fuori l'epocale Your hand in mine (detentore del primo ed unico clip musicale a farmi commuovere seriamente), e quella The only moment we were alone che di recente è stata promossa dalla Findus per la pubblicità dei pisellini primavera e dei bastoncini di pesce (ah, che primizia immeritata per il pubblico italiano, ma almeno un po' di royalties in cassa per loro...)
Potevo immaginare che ci volesse così tanta energia e concentrazione per gli Explosions, ma alla fine, dopo Let me back in, i paladini lasciano il palco per non tornare più.
Di fronte al richiamo insistente del pubblico, Rayani ricompare e con uno sguardo che cerca comprensione candidamente dichiara che non ne hanno più.
Non me ne dispiaccio, anzi condivido. Gli Explosions sono un gruppo unico, un bel bis sarebbe stato apprezzato ma come dimenticare le secchiate di sudore che sprizzava James, i suoi sguardi stravolti, la dedizione immensa sugli strumenti, la generosità?
Abbandoniamo l'Estragon. C'era chi voleva First breath after coma, chi Six days at the bottom of the ocean, la mia speranza segretissima era The long spring ma onestamente non si poteva chiedere di più da parte di chi ha cura, ha cura, ha cura infinita....
me lo sono perso. e rodo. me lo sono perso. e mi maledico.
RispondiEliminagrazie per il resoconto e i video :)
Ti capisco e ti sono solidale in piena, Doc. Io era da una decina d'anni che volevo vederli, non so quante volte sono passati da Bologna e me li ero sempre persi.
RispondiEliminaC'è poco da commentare,bisognava esserci... http://www.youtube.com/user/thebigpecolaman
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