lunedì 9 maggio 2011

Ruins - Stonehenge (1990)

Questi folli nipponici. Un power duo tiranneggiato dal batterista / vocalist Tatsuya, con svariati bassisti alternatisi nel corso di quindici anni, fino a restare praticamente da solo ai giorni nostri.
Il tentacolare proveniva dai grandissimi Aburadako di 1985, e varò il rovinoso progetto assieme a Kimoto, debuttando con Stonehenge. Ambiziosissimi ed efferati: sulle prime una versione hardcore dei Magma, spogliati di qualsiasi orpello che non avesse a che fare con la ritmica e potenziati all'esponenza, ma da cui ereditavano le strutture arzigogolate e le vocals enfatiche e teatrali, peraltro in un linguaggio inventato proprio come da Vander & Co.
Ma al di là delle affinità coi francesi, che spesso (a mio avviso) sembravano sfociare in una vera e propria parodia, di odore di seventies qui se ne sente davvero poco. La frenesia folle e i treni ringhianti dei Ruins possiedono il tecnicismo e l'applicazione maniacale tipica dei post-punk giapponesi, e credo che strumentalmente abbiano esercitato una discreta influenza su altri tech-duo che emergeranno nel decennio successivo in altre parti del globo (il primo nome che mi viene in mente sono gli americani Hella, ma anche i Lightning Bolt).
Furia, cervelloticità ed energia inarrestabile. Altro che rovine.

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