Nonostante la sua proverbiale incontinenza ed un inevitabile declino, Keiji Haino è ancora in grado di sorprendere e dare dimostrazioni di forza imponente come in questo recentissimo progetto varato con Mitsuru al basso e Yoshimitsu alle pelli, due veterani della scena nipponica e tutt'altro che gregari nello svolgimento del disco, che esce gemellato a Mail from Fushitsusha, leggermente inferiore a questo monolite di blues bianco geneticamente modificato.
Quattro pezzi fra i 6 e i 15 minuti, e ci si chiede come faccia KH ad avere ancora così forza e furia alla veneranda età di 60 anni. La voce è quell'urlo belluino cartavetroso da samurai che lo ha contraddistinto nelle sue pagine più estreme, eppure qui è inserita in un contesto musicalmente tutt'altro che violento.
Si tratta di improvvisazioni in studio: Want to head back e Showa blues lo vedono alla chitarra in stentoree sventagliate di dodici battute alla rinfusa, senza una struttura coerente (e notasi il bravissimo Mitsuru nel sapersi destreggiare fra gli inattesi cambi di tono!). Ciò che splende di più però è inevitabilmente KH nel suo ruggente deambulare, declamare come squarci nel buio, come lampi improvvisi nel cielo notturno.
Keep on fighting e Look over here invece lo vedono all'armonica impazzita, senza un'apparente attinenza di tonalità col basso minimale e profondissimo, nè di ritmica con le procedure fratturate dell'altrettanto ineffabile Yoshimitsu. L'effetto di questo gigioneggiare alla fine è quasi comico, per quanto impressionante nella sua potenza scarnificante.
Il vecchio leone sa ancora graffiare a dovere.
Quattro pezzi fra i 6 e i 15 minuti, e ci si chiede come faccia KH ad avere ancora così forza e furia alla veneranda età di 60 anni. La voce è quell'urlo belluino cartavetroso da samurai che lo ha contraddistinto nelle sue pagine più estreme, eppure qui è inserita in un contesto musicalmente tutt'altro che violento.
Si tratta di improvvisazioni in studio: Want to head back e Showa blues lo vedono alla chitarra in stentoree sventagliate di dodici battute alla rinfusa, senza una struttura coerente (e notasi il bravissimo Mitsuru nel sapersi destreggiare fra gli inattesi cambi di tono!). Ciò che splende di più però è inevitabilmente KH nel suo ruggente deambulare, declamare come squarci nel buio, come lampi improvvisi nel cielo notturno.
Keep on fighting e Look over here invece lo vedono all'armonica impazzita, senza un'apparente attinenza di tonalità col basso minimale e profondissimo, nè di ritmica con le procedure fratturate dell'altrettanto ineffabile Yoshimitsu. L'effetto di questo gigioneggiare alla fine è quasi comico, per quanto impressionante nella sua potenza scarnificante.
Il vecchio leone sa ancora graffiare a dovere.
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