Proprio nel momento in cui una loro uscita rischiava seriamente di svalutare il settore drone-metal, già discusso e ventilato da molti, i santoni americani che hanno contribuito alla loro creazione se ne sono usciti con un disco che rediscute le possibilità evolutive della branca.E dire che non bastava molto, per un sound che è sempre stato basato sulle sue proprietà specificatamente catastrofiche, ma anche molto minimali. Infatti, Monoliths non è una svolta brusca nè un ribaltone di nessun tipo; per O'Malley & Anderson è stato sufficiente apporre qualche variante strumentale e soprattutto concettuale al solito menu di metal-panzer giganti alla massima moviola, almeno per 3 quarti. Un po' di piano, field recordings, percussioni e bassi starnazzi dei fiati in Aghartha.
Il recitato rantolante di Csihar è un compagno ricorrente in queste rovinosissime sinfonie. Un soave coro femminile di stampo operistico impreziosisce e spiazza il vortice di Big Church. Ancora fiati solenni, un synth (o le manipolazioni di Ambarchi?) e il pulviscolo cosmico a far dissolvere il mastodonte Hunting Garden. Ma la vera sublimazione è Alice, la suite elegantissima che svela il vero segreto dei monoliti dimensionali. Ciò che dovranno fare i due incappucciati, in futuro, è evolversi verso meraviglie di questo tipo, moderando gli abusi dei chitarroni e dei bassoni.
Alice è un arcobaleno cinematico di fiati, arpa e tastiere in cui le grattuge imperiali sono relegate in secondo piano, strabordante di disincanto e contemplativa, che scioglie come neve al sole le minacce pesanti dei Sunn O))) e fa valere da sola il prezzo del biglietto.
Possiamo osare uno sproposito: parte di questa musica è a livello dell'avanguardia e della produzione "seria".
RispondiEliminaCon buona pace dei critici pre-Internet per cui Michelle dei Beatles era la massima espressione del pop che "quasi" lambiva le vette della musica colta.