Una serie di salmi che rilassano e creano paesaggi d'altri continenti, in particolare con lo sguardo rivolto verso l'India. E pazienza se il complesso non è così eccezionale, se non inventa nulla di nuovo: Of Psalms mi è piaciuto fin dal primo ascolto, e non di rado lo metto quando vado a dormire.
Tali salmi sono numerati, ma alla rinfusa: il #7 apre il disco con un inequivocabile drone di sitar, doppiato dal languido violino e frasi profonde di basso. Il tema riporta alla mente, se ovviamente non nel risultato finale quanto nell'attitudine, i Popol Vuh più placidi.
Escludendo il teso salmo #4, con tanto di chitarre in feedback sullo sfondo, il mantra prosegue indefesso con il #3, ancor più rarefatto e galleggiante, dilatato fino a 14 minuti; nel finale una serie minimale di accordi col piano elettrico riportano lentamente verso terra la mongolfiera.
Il #5, con qualche ispido accordo di elettrica, è l'ultimo sentiero verso chissà quale santuario, oppure il cerchio che si chiude, tornando al punto di partenza.
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