E' uno di quegli esempi che fermano sulla sedia a riflettere, o in macchina a fantasticare, che riconciliano con l'avanguardia quando sembra di averne abbastanza per un po'. E' la dimostrazione che in età avanzata (chè sia Frith che la Mori non è che sono esattamente dei giovanotti) si può fare tesoro dell'esperienza e della creatività per sfornare sfide eclatanti come questa.
Non c'è dubbio che il primo pregio di Drunken Forest sia la qualità infinita del suono, di una purezza e fedeltà assoluta nonostante l'assortimento non sia certo dei più tradizionali. Frith alterna chitarre a banjo suonate alla sua maniera, la Mori smanetta con l'elettronica in lungo e in largo, c'è poco spazio per contrabbasso e batteria. Sono gli inserti di archi ad elevare la scrittura astratta di una sfida che lascia senza fiato.
E' una battaglia impari, ma alla fine non si sa chi vinca. L'ascoltatore attento viene premiato, in ogni caso.
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