Per me autore di uno dei migliori 3 dischi di tutto il 2011, il quartetto chicagoano degli Implodes è stata una delle recenti sorprese più belle in ambito sub-rock. Saper infondere emozioni ed eccitazione anche dopo ripetuti ascolti nell'ambito di queste sonorità (prettamente chitarristiche) in cui difficilmente ci sarebbe ancora qualcosa da dire è impresa da tanto e va loro dato onore di questo.
Black earth è una mistura potrei dire di shoegaze-space-dark perennemente immerso in quest'aurea drogata, intervallata da esaltanti aperture folk ed ambient che spettacolarizzano il prodotto finale. La disposizione della scaletta è forse il segreto del successo di un disco di cui peraltro ho letto soltanto pareri positivi fra carta e rete; per ogni pezzo a piena strumentazione ritmica c'è uno splendido ambientale dronico mai scontato e sempre diverso dal precedente.
Ma va dato loro merito anche di aver condensato i minutaggi (la più lunga dura 5 minuti e mezzo) e di aver composto pezzi veramente belli ed epici come Meadowlands, Song for fucking Damon, Marker, Hands on the rail, che avrebbero fatto una gran figura anche nudi, senza la grossa patina sulfurea delle effettate emissioni chitarristiche. E non si può tacere delle incantevoli parentesi folk, come l'iniziale Open the door, il primo minuto di Screech Owl, o il bozzetto di Experiential report.
I nomi di riferimento possono essere tanti, sono già stati scritti e non m'interessa ripeterli: da parte mia riesumerei il ricordo degli amati, dimenticatissimi Magnog, tanto per restare in casa Kranky, a distanza di 15 anni.
questo disco è piaciuto un mondo anche a me.....speriamo nel secondo...sapevi che hanno un blog lo trovi nel mio elenco personale..
RispondiEliminame li vado a cercare!
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