Fin troppo facile ascrivere i dischi di Z'Ev alla categoria industriale. Ed è un errore, perchè i suoi innumerevoli suoni non hanno nulla a che vedere con le alienazioni e le concettualità dei suoi contemporanei. Partito come batterista jazz in gioventù, a fine anni '70 il californiano ha iniziato a pubblicare dischi composti esclusivamente di percussioni. Oggi è tutt'ora attivo, anche se ormai per la maggior parte dei casi in collaborazione con altri artisti (la lista è interminabile, provengono da ogni latitudine e continente, dai Larsen a Merzbow per dire).
Registrato in una chiesa di Amsterdam, Opus 3 sfrutta alla grande il riverbero naturale del contesto. La gamma dei suoni creati è di una varietà impressionante, al punto che in più di un occasione sembrerebbe di udire qualche emissione elettronica. L'atmosfera svaria fra tempestosità e ritualistica, e l'impressione è che sia davvero tutto composto con mira e precisione.
Chiaro che si tratta di un ascolto molto ostico, ma il risultato è a dir poco imponente.
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