lunedì 6 settembre 2010

Faust'O - Out Now (1982)

E' bello scoprire dischi così, che hanno 30 anni di vita ma suonerebbero attuali oggi. E a dire la verità ho scoperto il personaggio Rossi con colpevolissimo ritardo, nonostante la curiosità che avrebbe dovuto istillarmi, faccio per dire, anche soltanto L'erba che fu disco di un mese di Rumore nel 1995. Ma va bene così, chè al tempo ero troppo preso dall'indie-alternative in voga e comunque si tratta di un personaggio talmente defilato e fuori da ogni canone che è sempre stato facile ignorare. (Approfitto per segnalare anche il suo ultimo prodotto, Below the line, un pezzo di mezz'ora che è collage di songs melodiche nascoste e affogate in un mare di feedback in primo piano, straniante oltre misura!). E questo Out now fu una roba davvero contro, mai sentita e troppo avanti per essere capita in Italia. Un disco che molto superficialmente potrei definire dadaista, ma preferirei il termine cubista per la complessità e l'astrusità di quelle che non sono songs, bensì didascalie dell'assurdo.
E' tutto strumentale e non lascia respiro all'attenzione: i ritmi sono affidati ad una drum machine discreta e il basso di Fioravanti sarà protagonista in larga parte, l'intro di 20-12-81 Orange è tutta sua con una profonda digressione dub-dark. In sottofondo si possono udire frammenti di musica concreta e nastri che Rossi dissemina un po' ovunque. Con Distant kotos invece si sprofonda in un baratro agghiacciante, note sparse di piano e manipolazioni vocali che hanno a che vedere con gregoriani agonizzanti. Ancora il basso ad arzigogolare su Grey sand and wave, la chitarra caotica mixata bassissima ed il sax di Bianchi a jazzeggiare un po'. Impro di piano sono alla base di The game of the sunset, che prelude all'incubo industrial-metal-techno di A cup of tea: su un ritmo digitale serratissimo una selva di chitarre atonali seminano uno scompiglio terrificante, vista l'atmosfera relativamente quieta che comunque caratterizza il capolavoro.
Blue-just a man manipola ancora le voci, ma questa volta diventano bianchissime e delicatamente modulate, in un atmosfera misticheggiante ancora punteggiata da basso e sax.
The sound of my walls è il momento cosmico, il sogno bello con un filo di voce a dire chissà cosa.
Con The sound of one hand tornano i gregoriani incatenati, su un elettro-funk con Fioravanti a fare showcase di virtù e gli impressionistici nastri di Rossi. Si chiude con la sarabanda di fiati di Amedeo's, giustamente intitolata a Bianchi, che si stratifica in un caleidoscopio pindarico di sax e clarini, liberi di volare.
Avamposto.

6 commenti:

  1. grazie, cercherò al più presto di colmare la lacuna

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  2. Buon disco, davvero.
    Ne approfitto per fare un po' di reclame ante litteram: Sto scrivendo la biografia di Fausto Rossi, attraverso una lunga intervista con Fausto medesimo, che uscirà via NdA Press a febbraio prossimo, assieme alla nuova edizione del doppio CD tributo "dentro questi specchi".
    Chi fosse interessato, la prima edizione è in free download qui:
    http://www.joyello.net/strambelly/pagine/dqs.html
    Sbrigatevi che entro un paio di mesi verrà rimossa.

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  3. L'intervista l'hai già fatta o ancora no? Se è no, posso venire anch'io ad assistere? :-)
    Scherzi a parte, ho letto un'intervista a FR su uno degli ultimi Blow Up e devo dire che è veramente magnetico....
    Comunque, complimenti per la realizzazione a prescindere.

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  4. L'intervista la sto facendo. E' una cosa piuttosto lunga... E, per questa ragione, stiamo procedendo un po' alla volta e..al telefono.
    :-)
    Poi se fari il bravo, una volta pubblicato il libro, ti regalo le registrazioni.
    :-)

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  5. Ehehe, va bene, non so come ma vedrò di provarci, a fare il bravo :-)

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