-->(scritto da G.C.)
Originari della North Carolina I Fetchin’ Bones miscelano con felicità vari generi, dal folk country al rock garage. Tale virtù ne decretò il passaggio folgorante, ma inavvertito, nella seconda metà degli anni Ottanta e, anche oggi, epoca di improbabili ripescaggi, continuano a circolare pochissimo, almeno in Europa.
Probabilmente tale disattenzione risiede nella mancanza di vere hits; il gruppo è incapace di coagulare il suono trascinante e concitato in alcuni pezzi facilmente individuabili, gli unici che l’industria dominante (e quindi, spiace dirlo, il pubblico) possa sanzionare con la piena riconoscibilità (e i pieni riconoscimenti in termini pubblicitari e di venduto).
E’ un peccato perché questo loro primo album abbonda di canzoni memorabili: le chitarre di Gary White e Aaron Plotkin s’accendono nervose (Briefcase, Kitchen of life) o indulgono alla ballata (Spinning o la bellissima Too much con inserti preziosi della violinista Danna Pentes) sempre assecondati dalle grandi interpretazioni di Hope Nicholls, nevrotiche e scatenate, eppure sempre in controllo; la sua voce ricorda (ascoltare A fable) indubbiamente la migliore Patti Smith, ma sono sicuro che la grande vecchia, onusta di gloria, non vorrebbe mai che la terribile Nicholls aprisse le sue esibizioni: qualcuno potrebbe fare confronti.
In ultima analisi Cabin flounder ci appare simile a certi romanzi di cui abbiamo scorso con piacere alcune pagine, ma che solo retrospettivamente, si lasciano cogliere nella loro interezza ed eccellenza.
domenica 19 settembre 2010
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